ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – La geografia è importante, ma da sola non basta. Per tutelare il Made in Italy, infatti, serve qualcosa in più di una semplice connotazione territoriale. E allora si può essere soddisfati per la conferma del primato italiano nel numero di riconoscimenti Dop e Igp conferiti dall’Unione europea a tutela di 261 prodotti agroalimentari.
Così come si può essere soddisfatti per i successi delle attività di controllo svolte dal ministero delle Politiche agricole, che solo nei primi 8 mesi dell’anno annoverano 61 mila verifiche e sequestri di beni contraffatti per 32 milioni di euro. Ma non si può essere totalmente appagati. Innanzitutto perché una così brillante tutela del Made in Italy funziona in questo momento per il solo settore agroalimentare, ma non per tutti gli altri.
Ma anche perché questa “tutela”, benché assolutamente positiva, segue una logica “difensiva” che cerca di certificare ciò che è prodotto nel territorio della Penisola e di proteggerlo con leggi e norme repressive. Bene, ma c’è bisogno anche di un lato proattivo: è necessario, infatti, promuovere i prodotti italiani in base alle loro qualità, alle loro caratteristiche intrinseche, e non solo perché originari di qualche località dello Stivale. Come ha rilevato GfK Eurisko nel suo seminario annuale (“The Italian Way. I valori unici e aggiornati degli italiani e del Made in Italy”) il concetto di Made in Italy è comunemente inteso come una connotazione meramente geografica: per la maggioranza degli individui significa, cioè, “fatto in territorio italiano”.
Il vero valore aggiunto delle nostre produzioni, invece, non deriva dal luogo di origine, ma da quelle qualità intrinseche di estetica, valore, solidità e tradizione che deve aver un prodotto “italiano”. Tra l’altro, secondo l’Eurisko, rispetto dell’ambiente, genialità e unicità sono gli elementi che potrebbero garantire il maggior potenziale di valore aggiunto e una maggiore fidelizzazione dei consumatori. Insomma, dovremmo passare dalla valorizzazione del Made in Italy geografico a quella del “Making in Italy” storico: dal “fatto” in Italia al “fare” in Italia. E non è solo una questione di materia. (Public Policy)