ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Bando agli isterismi. Non esiste alcuna motivazione razionale per ostacolare il percorso di realizzazione del deposito unico dei rifiuti radioattivi. L’amministratore delegato della Sogin, Riccardo Casale, ha dichiarato davanti alla commissione Industria del Senato – come documentato da Public Policy – che il progetto preliminare sul deposito nazionale verrà consegnato entro maggio, mentre a gennaio ci sarà la lista dei siti potenzialmente idonei.
È evidente, allora, che tutti coloro che lanciano allarmismi “atomici”, affermando di sapere già dove sarà ubicato il sito, i suoi rischi e i suoi costi, in realtà non sanno e soprattutto non vogliono sapere nulla. Deliberatamente. Non solo perché non ci sono decisioni definitive e ci vorranno almeno altri 3 anni per la posa della prima pietra, ma anche perché è del tutto irrazionale negare i benefici economici, di sicurezza ed organizzativi del deposito unico.
Attualmente, infatti, i 30mila metri cubi di rifiuti radioattivi vengono conservati con una logica del tutto provvisoria in 23 siti sparsi in 11 diverse regioni d’Italia: strutture che già richiedono, o richiederanno presto, interventi di manutenzione straordinaria e che hanno, quindi, molti costi e nessun vantaggio. Con il “deposito unico”, invece, concentrando la gestione in un unico sito ex-novo (per altro imposto da una direttiva comunitaria), oltre a ridurre al minimo rischi e spese, ci sarebbe anche qualche vantaggio.
Poiché i siti attuali non potranno contenere a lungo i circa 500 metri cubi di rifiuti “radioattivi” prodotti annualmente dalla medicina nucleare, dall’industria e dalla ricerca, solo il futuro deposito (di cui il 40% dei 90mila metri cubi disponibili sarà riservato proprio a questi rifiuti) potrà dunque garantire una risposta strategica e programmatica ed evitare, per una volta, il ricorso a logiche emergenziali.
Inoltre la Sogin, che andrà poi a gestire il deposito unico, realizzerà contestualmente un “parco tecnologico” aperto a collaborazioni internazionali dove coltivare e approfondire le competenze nel campo del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi. Competenze su cui l’Italia ha un vantaggio competitivo rilevante, dovuto all’addio “anticipato” al nucleare del nostro Paese, che sarebbe esiziale disperdere, visto che nel mondo ci sono almeno 140 reattori in chiusura, per un giro d’affari da centinaia di miliardi di euro.
Opportunità che proprio la Sogin ha già cominciato ad aggredire con strategie di internazionalizzazione (sono 8 le collaborazioni già avviate all’estero) di cui il deposito unico in Italia rappresenterebbe un brillante biglietto da visita. Insomma, oggi c’è l’occasione per non ripetere gli errori del passato (come le decisioni improvvise, unilaterali e comunicate in modo pessimo) attraverso un percorso lineare, trasparente e inclusivo, per realizzare il deposito unico. Non si tratta di spaccare l’atomo, ma solo di trasformare il problema dei rifiuti radioattivi in una risorsa. Senza pregiudizi. (Public Policy)
@ecisnetto