di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Ma l’Italia è già in guerra con la Russia? Qualcuno potrebbe avere l’impressione, a leggere le notizie sull’invio di aiuti all’Ucraina, ma dal punto di vista giuridico – secondo alcuni giuristi – le cose non stanno così. Dice Francesco Clementi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Perugia: “L’Italia non è un Paese in guerra. Né è un paese co-belligerante. Non vi lasciate andare: che proprio in giorni come questi le parole sono importanti. Stiamo rispettando appieno quanto scritto nell’articolo 11 della Costituzione. E lo stiamo facendo perché ogni azione è dentro l’Ue, l’Onu, la Nato”. Un concetto chiarito anche da Arturo Parisi, ex ministro della Difesa del secondo Governo Prodi, in un’intervista a Italia Oggi: “L’articolo 11 della Costituzione non si ferma a ‘l’Italia ripudia la guerra’. Se la propaganda non ci avesse abituati a fermarci a quelle tre parole, sarebbe chiaro da sempre nel senso comune che la guerra condannata è quella di ‘offesa alle libertà degli altri popoli’. Potremmo mai limitarci a ripudiare le guerre di aggressione, come è di certo quella odierna di Putin, solo se aggredita è l’Italia e non prendere parte quando aggrediti sono altri popoli cominciando a quelli a noi più prossimi?”.
Come spiega anche Stefano Ceccanti, deputato del Pd e costituzionalista, le misure del Governo a sostegno dell’Ucraina non sono sono affatto impedite “dall’articolo 11 della Costituzione, che è scritto sulla base delle culture dell’interventismo democratico per combattere insieme aggressori”. L’articolo 11, dice Ceccanti, “era partito nella prima sottocommissione della Costituente come somma di due commi diversi, uno sul ripudio della guerra (nella versione iniziale rinunzia alla guerra) e l’altro sulle cessioni di sovranità, ma dopo un attento dibattito il 3 dicembre 1946 il costituzionalista catanese sturziano Caristia chiese e ottenne di fonderli perché il ripudio delle aggressioni, per avere effetti reali, non poteva che sfociare in una diversa visione della condivisione di sovranità e, quindi, di azioni comuni di difesa”. Per questo, aggiunge Ceccanti, “fu pienamente legittimo anche l’intervento Nato in Kosovo in presenza di un blocco delle Nazioni Unite, un uso minimo della forza per evitare il male maggiore di un’imminente catastrofe umanitaria. Non siamo oggi in quella condizione, ma deve essere chiaro che l’articolo 11 è scritto per intervenire insieme contro gli aggressori e per aiutare gli aggrediti, non per impedirci di farlo”.
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)