ROMA (Public Policy) – Del tema della prescrizione se ne parlerà più avanti, sicuramente non con il decreto Milleproroghe. Italia viva, Azione e +Europa, i tre gruppi parlamentari autori degli emendamenti ‘mina’ sulla prescrizione, hanno deciso che non porranno in votazione le loro proposte di modifica durante i lavori delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio alla Camera. Il tema resta così congelato. “Un atto di fiducia alla ministra Marta Cartabia“, dice a Public Policy il deputato di +Eu, il radicale Riccardo Magi, firmatario di una delle proposte.
I tre emendamenti chiedevano all’unisono di rinviare la riforma Bonafede, ovvero di non applicare lo stop della prescrizione dopo la sentenza di condanna in primo grado, con la possibilità di ottenere – come prevede la stessa norma – un ricalcolo retroattivo dei termini se in secondo grado la sentenza fosse stata ribaltata con un’assoluzione.
“Siamo dell’opinione – spiega Lucia Annibali di Iv – di non mettere in difficoltà la nuova ministra, che si è appena insediata. Per noi il tema rimane importante, e quindi se ne dovrà parlare, ma prima è giusto ascoltare le linee programmatiche di Cartabia per capire qual è la sua idea”.
La linea decisa, quindi, è di rinviare tutto, magari inserendo la discussione in quella più ampia della riforma del processo penale (il ddl governativo è all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio).
Al Milleproroghe, inizialmente, sono stati presentati oltre 2.500 emendamenti. In prima battuta, i presidenti Giuseppe Brescia del M5s e Fabio Melilli del Pd (che sono anche i relatori del decreto) hanno chiesto ai gruppi di segnalare solo le modifiche più importanti da porre in votazione. Si è scesi così a 900 proposte. Ma visto che i tempi stringono, i due presidenti hanno chiesto un’ulteriore riduzione con i ‘super’ segnalati, scendendo così a circa 220 proposte di modifica.
In quest’ultimo passaggio si inseriscono gli emendamenti sulla prescrizione. I tre gruppi non ritireranno le proposte, segno che il tema rimane dirimente, ma hanno deciso che non li indicheranno tra i ‘segnalati’, in modo tale che non vengano posti in votazione. Un’operazione che serve a “sminare il terreno”, dice Magi, “in attesa che la ministra ci illustri il suo programma” per la giustizia.