Innanzitutto, cosa vuol dire ‘pane’: c’è un testo base

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ROMA (Public Policy) – Da norme per valorizzare il pane fresco alla definizione di panificio e forno di qualità, passando per disposizioni su pane conservato o a durabilità prolungata, prodotto intermedio di panificazione, paste acide e pane tradizionale di alta qualità.

È quanto prevede, in sintesi, un ddl in commissione Agricoltura alla Camera su produzione e vendita del pane su cui, la scorsa settimana, è stato elaborato dal comitato ristretto un testo base. L’obiettivo della proposta è quello di garantire il diritto all’informazione dei consumatori e valorizzare il pane fresco.

L’esame in commissione era iniziato a dicembre 2015, poi da marzo 2016 è stato nominato un comitato ristretto. Un anno dopo circa, dunque, si è giunti all’elaborazione di un testo sul quale, ora, proseguiranno i lavori della commissione.

DA PANE FRESCO A CONSERVATO

Anzitutto, le definizioni. L’articolo 2 del testo base prevede la denominazione di pane, ovvero: “il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata” e “preparata con sfarinati di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune”.

Quello fresco è solo quello “preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione senza additivi conservanti e altri trattamenti con effetto conservante“. La denominazione di “pane di pasta madre”, invece, è riservata al pane “prodotto mediante l’utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione dell’impasto, di pasta madre senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti.

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IAC