Perché il Rosatellum penalizza il Pd e l’area Draghi

0

di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – Una serie di circostanze e ingorghi istituzionali, legati ai termini di presentazione (20 ottobre) e approvazione (31 dicembre) della legge di Bilancio, nonché all’adozione di numerosi provvedimenti attuativi del Pnrr, ha spinto oggettivamente verso elezioni lampo.

Come si era evidenziato in un precedente articolo che dava conto del carattere sfavorevole delle norme elettorali rispetto all’accesso alla competizione democratica per le nuove forze politiche e documentava l’abitudine di approvare a fine legislatura norme “eccezionali” a vantaggio dei gruppi politici già insediati nelle istituzioni, anche in questo caso la partita elettorale riguarderà nei fatti solo partiti rappresentati nel Parlamento uscente.

Le camere sono state sciolte il 21 luglio. Le elezioni si terranno il 25 settembre. Esattamente tra un mese, tra il 21 e il 22 agosto dovranno essere presentate le candidature e tra tre settimane, tra il 12 e il 14 agosto, dovranno essere depositati i contrassegni dei partiti e dei gruppi politici e formalizzate le coalizioni elettorali.

Ai blocchi di partenza delle elezioni prenderanno dunque posizione quasi esclusivamente le forze politiche che risultano, in base alle norme vigenti, esonerate dalla raccolta firme: quelle che hanno costituito gruppi in entrambe le camere dall’inizio della legislatura – Pd, M5s, Lega, FI e FdI – come prevede l’articolo 18-bis, comma 2, del dpR 361/57 (Testo unico per la elezione della Camera dei deputati), nonché quelle beneficiate dalla norma recentemente introdotta nella legge di conversione del “decreto elezioni” (art. 6-bis del decreto legge 41/2022). Si tratta, in quest’ultimo caso, dei partiti costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 (Leu, Italia viva e Coraggio Italia), che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale (+Europa-Centro democratico), o che abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale (Noi con l’Italia).

Una forza politica priva di questo preziosissimo esonero, per essere presente con propri candidati ovunque, dovrebbe raccogliere, in meno di un mese e in piena estate, 36.750 firme per i 49 collegi plurinominali della Camera e 19.500 firme per i 26 collegi plurinominali del Senato (cioè almeno 750 a collegio). Si tratta di uno sforzo organizzativo gravoso, ulteriormente complicato dal divieto di utilizzo di strumenti digitali e da procedure di autenticazione e certificazione delle sottoscrizioni a dir poco ostruzionistiche. E si tratta di un numero di firme già dimezzato rispetto a quelle richieste in caso di fine naturale della legislatura.

Come avvenne alle scorse elezioni, se vedremo qualche lista raccogliere le firme per presentarsi autonomamente in tutta Italia (nel 2018 Potere al popolo, CasaPound e Popolo della famiglia), molto difficilmente vedremo una lista che deve raccogliere le firme presentarsi in coalizione con una lista che gode dell’esonero: la ragione è in una trappola contenuta nella legge elettorale, che obbliga a raccogliere le firme degli elettori su moduli che non recano solo l’indicazione dei candidati di lista nei collegi plurinominali, ma anche i nomi dei candidati uninominali concordati con i partner della coalizione.

Quindi, se una eventuale lista X, che volesse candidarsi ad esempio con il centrodestra, intendesse iniziare domani la raccolta firme, dovrebbe farsi dare domani stesso da Berlusconi, Salvini e Meloni l’elenco già approvato dei candidati nei collegi maggioritari, che questi partiti chiuderanno ovviamente, con violentissimi scontri interni, all’ultimo minuto, come la legge consente loro di fare. Quindi la lista X o si presenta autonomamente alle elezioni, provando a superare lo scoglio della raccolta firme, oppure non si presenta.

Questo dispositivo capestro del cosiddetto Rosatellum oggi svantaggia in modo evidente il Pd e avvantaggia invece la “triplice” FdI-Lega-FI, proprio perché il numero degli esoneri oggi a disposizione campo lettiano è decisamente inferiore al necessario, mentre quello a disposizione della destra è più che sufficiente.

Vediamo nel dettaglio. A destra è semplice. Ci sono cinque esoneri per cinque liste. FdI, Lega, FI, Noi con l’Italia e Cambiamo. A sinistra invece, ammettendo e non concedendo che il M5s di Conte, Raggi e Di Battista corra in autonomia, sganciato dal Pd, non hanno un esonero gli ex grillini di Insieme per il futuro (il gruppo di Di Maio) e neppure la “lista cocomero” dei Verdi europei e di Sinistra italiana. C’è un esonero per Leu, in teoria, a cui però non corrisponde più un partito, visto che l’area Bersani-Speranza sembra indirizzata al rientro nel Pd. L’esonero di +Europa-Centro democratico, al di là di come sarà risolta la questione della “comproprietà” del contrassegno tra due forze politiche non più alleate, e quello di Italia viva, non sono ancora assegnabili al campo lettiano, visto che i principali esponenti della cosiddetta “area Draghi”, cioè Renzi e Calenda (che non ha un esonero, ma potrebbe usufruire di quello di +Europa, sempre che Tabacci consenta), rimangono ostili a un campo largo che comprenda ancora gli ex grillini.

Mentre dunque la macchina elettorale della destra è partita, quella di Letta è ancora in costruzione e sarà difficile mettere insieme tutti i pezzi. Non è chiaro che cosa voglia fare e non è neppure chiaro se davvero, per le ragioni che abbiamo spiegato, alla fine possa davvero fare ciò che vuole. La trappola del Rosatellum costituisce un ulteriore e forse decisivo fattore di intralcio. Al momento il campo di Letta sembra molto stretto. (Public Policy)

@carmelopalma