Poca, brutta e cattiva: la pubblicità politica su Facebook

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di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – A dare una rapida occhiata agli investimenti pubblicitari di partiti e candidati su Facebook nell’ultima settimana si traggono utili indicazioni. La prima è che la propaganda elettorale su Fb sembra abbastanza marginale, se, come vedremo, grandi partiti investono in sponsorizzazioni complessivamente meno di quanto pagano per l’affissione di qualche migliaio di manifesti e enormemente meno di quanto spendono per i video pubblicitari nelle stazioni ferroviarie.

La seconda indicazione è che a fare il lavoro sporco, cioè a produrre pagine politiche sponsorizzate con un committente sostanzialmente anonimo e con contenuti denigratori verso gli avversari politici, in questa prima fase della campagna elettorale sono stati essenzialmente persone e gruppi a sostegno del Pd. Per altro verso, è vero che anche le pagine ufficiali di partiti e candidati, non solo nel caso del Pd, utilizzano quasi esclusivamente il registro della pubblicità e della dialettica negativa, che è caratteristica sia della comunicazione social, sia del discorso politico in generale, ormai dominato dalla logica del “voto contro”.

Da dove si ricavano queste indicazioni? Da una ricerca molto semplice. Facebook, per assicurare trasparenza sulla pubblicità politica, consente agli utenti di risalire a chi ha pagato un contenuto sponsorizzato. Del committente è possibile conoscere la denominazione, l’indirizzo e il recapito telefonico. Facendo una ricerca sui primi 10 committenti per importi investiti nell’ultima settimana, il 7 settembre alle 9 la classifica era la seguente (sono indicati il nome della pagina, il committente e l’importo delle sponsorizzazioni):

  1. Fratelli d’Italia, Fratelli d’Italia, 29.390,00 €
  2. Matteo Salvini, Lega – Salvini premier, 14.557,00 €
  3. Orgoglio democratico, Orgoglio democratico, 8.286,00 €
  4. Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, 7.853,00 €
  5. Severino Nappi (candidato della Lega a Napoli), Severino Nappi, 6.623,00 €
  6. Partito democratico, Partito democratico,6.066,00 €
  7. Giorgio Maria Bergesio (candidato della Lega a Cuneo), Giorgio Maria Bergesio, 2.939,00 €
  8. Coraggio Italia, Coraggio Italia, 2.640,00 €
  9. Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi, 2.452,00 €
  10. Difendiamo le unioni civili, Difendiamo le unioni civili, 1.889,00 €

Dalla classifica emergono alcuni dati interessanti e anche sorprendenti. Fratelli d’Italia e Lega, direttamente o attraverso i propri candidati, sono i principali committenti di pubblicità elettorale su Facebook, anche se non si può escludere che per altri partiti la pubblicità sia maggiormente distribuita, con molte micro-inserzioni (in particolare per i candidati nei collegi uninominali).

Gli investimenti pubblicitari su Facebook sono molto inferiori a quelli che riguardano forme di pubblicità più tradizionali. Basti pensare che con quello che, ad esempio, ha speso per sponsorizzazioni Facebook, il Pd avrebbe potuto affiggere non più di 4 o 5mila manifesti e una campagna di spot nelle stazioni ferroviarie, a seconda del numero e delle dimensioni degli schemi occupati e delle visualizzazioni programmate, può variare da alcune decine di migliaia di euro a settimana, fino a ben oltre i centomila euro.

Tra i dieci principali committenti di pubblicità elettorale saltano agli occhi due soggetti palesemente finti, Orgoglio democratico e Difendiamo le unioni civili, che hanno come riferimento lo stesso numero di telefono (che non ha Whatsapp e risulta sempre irraggiungibile) e il medesimo indirizzo (una via di Napoli) e complessivamente non superano i 25.000 follower. Sono collegati a due siti fotocopia, aperti entrambi il 25 agosto, vuoti e senza alcuna indicazione sul “Chi siamo”. Sono entrambe pagine a sostegno del Pd, di cui condividono le card ufficiali, e insieme hanno speso in una settimana quasi il doppio di quanto abbia speso il Pd, soprattutto per diffondere contenuti contro Berlusconi, Salvini, Meloni, Renzi e Calenda. Nessun attacco a Conte e al Movimento 5 stelle.

Allo stesso indirizzo e numero di telefono sono anche associate altre pagine di propaganda unofficial pro Pd, che nella scorsa settimana hanno però speso meno in sponsorizzazioni, come Futuro antifascista e Il Sud che ferma Salvini. E non è escluso che scendendo nella graduatoria delle sponsorizzazioni se ne potrebbero trovare di ulteriori. Peraltro l’occultamento del reale committente di una sponsorizzazione dietro una denominazione di puro schermo, a cui non corrisponde alcuna associazione o persona reale, e che condivide le medesime credenziali con altri profili, contraddice le policy di trasparenza di Facebook, che dovrebbero consentire agli utenti l’accesso a dati tali da rendere riconoscibile chi sta dietro ciascun pagamento, proprio per prevenire infiltrazioni “non percepite” nel dibattito democratico.

Occorre poi considerare che la politica su Facebook e soprattutto la politica sporca, quella della macchina del fango e della character assassination contro gli avversari, non si fa primariamente con contenuti sponsorizzati, ma con una infiltrazione decisamente più sofisticata delle community social.

Inoltre bisogna forse relativizzare l’impatto che l’attività delle pagine politiche ufficiali o ufficiose hanno sullo spostamento di grandi flussi di consenso, visto che la loro utilità è più finalizzata a galvanizzare e mobilitare la bolla dei sostenitori di una idea o di un partito politico che a conquistare il favore di chi la pensa diversamente e, se mai cambierà idea, molto difficilmente lo farà grazie a Facebook.

Sarà interessante vedere se anche nel seguito della campagna elettorale la pubblicità politica su Facebook confermerà le tendenze di quest’ultima settimana. Azzardando la previsione, tenderei a dire di sì. Aumenteranno certamente gli investimenti, aumenteranno le forme anomale di fiancheggiamento politico, aumenterà per intensità e frequenza la comunicazione puramente negativa e distruttiva. Ma difficilmente cambieranno le proporzioni e la rilevanza di questo fenomeno nel mare magnum della propaganda politica. (Public Policy)

@carmelopalma