di Fabio Napoli
ROMA (Public Policy) – Misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche; misure urgenti per il finanziamento delle attività del ministero per i Beni e le attività culturali; misure urgenti di semplificazione e sostegno per il settore cinema e audiovisivo. Questo il contenuto di una bozza di decreto Cultura, di cui Public Policy ha preso visione, all’ordine del giorno del prossimo pre-Cdm (fissato per lunedì 17 giugno).
Il decreto, al momento, contiene tre articoli abbastanza corposi. I punti principali:
SLITTANO A 2020 OBBLIGHI INVESTIMENTO NETFLIX
Slittano dal 1° luglio 2019 al 1° gennaio 2020 l’entrata in vigore degli obblighi di investimento in opere audiovisive europee prodotte da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta che hanno la responsabilità editoriale di offerte rivolte ai consumatori in Italia, anche se stabiliti in altro Stato membro, come Netflix.
Lo prevede una norma inserita nella bozza. L’obbligo in questione è quello che andrà dal 15% al 20%, nel caso in cui la società non abbia sede operativa in Italia o non rispetti determinati standard contrattuali.
STOP AUMENTO OBBLIGHI PROGRAMMAZIONE TV DI OPERE UE
Eliminare i programmati aumenti degli obblighi di programmazione, per i fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, riservati alle opere europee. Lo prevede una norma inserita nella bozza.
Con la modifica proposta rimane l’obbligo per i fornitori di servizi di media audiovisivi lineari di riservare alle opere europee la maggior parte del proprio tempo di diffusione, escluso il tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di teletext e televendite. Dal 1° luglio l’obbligo di programmazione sarebbe salito al 53%, al 56% per il 2020 e al 60% dal 2021.
Inoltre, la bozza di decreto fa slittare dal 1° luglio al 2019 al gennaio 2020 l’entrata in vigore degli obblighi di programmazione – come sottoquota Ue – delle opere italiane, e fa sparire l’indicazione che fissava al 50% la sottoquota minima da riservare. La sottosoglia del 50% di opere italiane rimarrà così solo per la Rai, per le altre tv la sottosoglia fissata sarà di un quinto per il 2020 e di un terzo dagli anni successivi.
Inoltre, nella fascia oraria dalle 18 alle 23, la Rai “riserva almeno il dodici per cento del tempo di diffusione, escluso il tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di teletext e televendite, a opere cinematografiche e audiovisive di finzione, di animazione, documentari originali di espressione originale italiana, ovunque prodotte; almeno un quarto di tale quota è riservata a opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte”. Attualmente la disciplina prevede questo obbligo anche per le altre tv e lo considerava rispettato su base settimanale, anziché annuale come prevede invece il decreto.
RIVISTI AL RIBASSO AUMENTI OBBLIGHI INVESTIMENTO TV
Rimodulato al ribasso l’aumento degli obblighi di investimento in opere europee riservato ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari. Lo prevede una norma inserita nella bozza.
Nel dettaglio, per le tv diverse dalla Rai, l’aumento previsto dal 1° luglio 2019 del 12,5% di investimenti scende all’11,5%; e l’aumento del 15% di investimenti dal 2020 scende al 12,5%. Inoltre, una percentuale pari almeno alla metà di queste quote dovrà essere riservata a opere di espressione originale italiana ovunque prodotte da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni. Inoltre la sottoquota di investimenti riservata alle opere italiane indipendenti sarà aumentata dal 2020 dal 3,2% degi introiti netti annui al 3,5%. Eliminati gli aumenti per il 2019 (3,5%) e per il 2020 (4%) e il 2021 (4,5%).
La bozza di decreto rimodula anche il previsto aumento della quota di investimenti in opere indipendenti da parte della Rai: la soglia minima di investimento passaerà dal 15% al 17% a decorrere dal 2020; eliminati gli aumenti previsti finora, nel 2019 (18,5%) e nel 2020 (20%). Anche in quest’ultimo caso una percentuale pari almeno alla metà di queste quote sarà riservata a opere di espressione originale italiana ovunque prodotte da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni. Rivisti anche gli aumenti degli obblighi di investimento in opere italiane riservati alla Rai, oggi al 3,6% dei propri ricavi: salta l’aumento del 2019, quello del 2020 passa dal 4,5% al 4% e quello dal 2021 dal 5% al 4,2%. Almeno 85% di queste quote sarà riservato alla coproduzione ovvero al pre-acquisto di opere cinematografiche di espressione originale italiana, ovunque prodotte.
Sempre la Rai dovrà riservare a opere “prodotte da produttori indipendenti e specificamente destinate ai minori una ulteriore sotto quota non inferiore al sette per cento della quota prevista per le opere europee , di cui almeno il sessantacinque per cento è riservato ad opere d’animazione”. Attualmente è prevista solo una sottoquota di almeno il 5% per opere di animazione indipendente.
RIDOTTI OBBLIGHI INVESTIMENTO TV ON DEMAND
Si abbassano gli obblighi di investimento in opere europee indipendenti riservati a fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla giurisdizione italiana, con aumenti mirati – al massimo fino al 20% – per le imprese che non investino stabilmente nel nostro Paese. Lo prevede una norma inserita nella bozza.
Attualmente l’obbligo di investimento in opere audiovisive europee recenti, prodotte da produttori indipendenti, è fissato al 20% dei propri introiti netti annui in Italia. La bozza di decreto abbassa questa soglia al 15% per poi abbassarla al 12,5% una volta che l’Agcom abbia emanato il decreto attuativo. Lo stesso regolamento dell’Autorità potrà innalzare la soglia di investimento fino al 20% “in relazione a modalità d’investimento che non risultino coerenti con una crescita equilibrata del sistema produttivo audiovisivo nazionale”.
Nel dettaglio l’aumento dell’obbligo di investimento scatterà in caso di mancato stabilimento di una sede operativa in Italia e l’impiego di un numero di dipendenti inferiore a 20 unità (aumento dell’aliquota base fino al 3%); o in caso di mancato riconoscimento in capo ai produttori indipendenti di una quota di diritti secondari proporzionale all’apporto finanziario del produttore all’opera in relazione alla quale è effettuato l’investimento, o l’adozione di modelli contrattuali da cui derivi un ruolo meramente esecutivo dei produttori indipendenti (aumento dell’aliquota fino al 4,5%).
E ancora: per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, soggetti alla giurisdizione italiana, che prevedono il pagamento di un corrispettivo specifico per la fruizione di singoli programmi, la quota obbligatoria di programmazione, almeno del 30% di opere audiovisive europee realizzate entro gli ultimi cinque anni, “si calcola sui titoli del catalogo e non si applica l’obbligo di programmazione di opere audiovisive europee realizzate negli ultimi cinque anni”.
Inoltre, la bozza di decreto prevede che “per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta che prevedono il pagamento di un corrispettivo specifico per la fruizione di singoli programmi, tra le modalità di assolvimento degli obblighi (di investimento in opere europee, compresa la sottoquota italiana; Ndr) sono compresi anche il riconoscimento al titolare del diritto della remunerazione legata al successo commerciale dell’opera e i costi sostenuti per la distribuzione digitale dell’opera medesima sulla piattaforma digitale”.
Di conseguenza slittano al 2020 anche gli obblighi legati al regolamento che l’Agcom deve emanare.
INSEDIARE COMMISSIONE CLASSIFICAZIONE FILM
Insediare finalmente la commissione per la classificazione delle opere cinematografiche. Questo l’obiettivo di una norma contenuta nella bozza di decreto Cultura (riguardante le fondazioni liriche, il Mibac e il cinema), di cui Public Policy ha preso visione, attesa sul tavolo del pre-Cdm di lunedì prossimo.
Da oltre un anno, infatti – spiega la relazione illustrativa – la commissione non si è potuto insediare per la difficoltà nel reclutamento dei 7 sociologi previsti. Per superare il problema, ai fini del loro reclutamento, vengono accorpate le figure di “esperti con particolari competenze sugli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori” e “sociologi con particolare competenza nella comunicazione sociale e nei comportamenti dell’infanzia e dell’adolescenza”.
Inoltre i componenti della commissione passano da 49 a 48, cui si aggiunge il presidente scelto fra i professori universitari in materie giuridiche, gli avvocati, i magistrati assegnati a incarichi presso il tribunale dei minori, i magistrati amministrativi, gli avvocati dello Stato e i consiglieri parlamentari facenti parte della commissione stessa. Infine si elimina la necessità che siano presenti tutte le professionalità previste (fatta eccezione per componenti designati dalle associazioni per la protezione degli animali maggiormente rappresentative). “Tale previsione, intatti, potrebbe fortemente ostacolare la quotidiana attività delle sottocommissioni”, spiega la relazione.
RIMODULATI FINANZIAMENTI CINEMA ED ELIMINATI I DOPPIONI
Rimodulare la ripartiazione delle risorse del Fondo per il cinema e l’audiovisivo, previsti per contributi selettivi, che passano dal 15 al 10%, e contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, che passano dal 18% al 15%. Lo prevede una norma inserita nella bozza.
Inoltre, la bozza di decreto elimina due linee di intervento considerate doppione: il sostegno selettivo alle microimprese di esercizio cinematografico e alle sale ubicate in comuni con meno di 15.000 abitanti; e il piano straordinario per il potenziamento delle sale cinematografiche per investimenti per la ristrutturazione e l’adeguamento tecnologico delle sale. Anche in questo caso – spiega la relazione – si tratta di una “migliore armonizzazione dei diversi sostegni destinati all’attività delle imprese di esercizio cinematografico, al fine di evitare sovrapposizioni superflue tra le diverse linee di intervento. In questo modo si rende meno complesso il processo di selezione, valutazione e rendicontazione dei progetti presentati, anche ai fini di un più efficace esame dei limiti di intensità di aiuto”.
continua – in abbonamento
@Naffete