Questo Governo parla troppo

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Questo Governo parla troppo. Forse se ne è resa conto pure Giorgia Meloni, che adesso vuole centralizzare la comunicazione dei suoi parlamentari, per uniformare – almeno – il messaggio dei comunicati e delle dichiarazioni. L’impressione è che non serva a niente, a fronte delle molte sortite dei ministri dell’Esecutivo. Non si contano più le interviste di Guido Crosetto, o quelle di Gennaro Sangiuliano, per non parlare di Adolfo Urso, Giuseppe Valditara. A ogni dichiarazione, c’è un attacco spasmodico a qualcuno (vedi il recente Crosetto contro la Bce). Non sono mancate promesse non mantenute e dietrofront, come su pos e accise. Certo, per ora è facile individuare i colpevoli. D’altronde Matteo Salvini fornisce sempre qualche argomento valido per essere bersagliato in pubblico e in privato (ma anche in questo caso, ci sono poi i retroscena dei giornali a far filtrare malesseri speciali della presidente del Consiglio). Salvini cerca di prendere in pubblico impegni che poi Meloni deve riaggiustare.

La presidente del Consiglio dunque vive in una sorta di sindrome dell’accerchiamento, è sempre stato così fin dai tempi dell’opposizione. Convinta che il sistema non la amasse, lei ha sempre cercato di parlare al popolo, pardon, alla Nazione. La strategia deve aver funzionato, perché poi la leader di Fratelli d’Italia è riuscita a diventare capo del governo. Resta da capire tuttavia per quanto ancora i rapporti con la pubblica opinione saranno così sereni. I sondaggi dicono che Fratelli d’Italia è sempre oltre il 30 per cento, che il gradimento di Meloni è in salute. Gli alleati se la passano peggio, forse per questo sono nervosi e tesi. Forse per questo Salvini sente il bisogno di prendere le distanze, e non dimentichiamoci Berlusconi. “Quello sulla benzina è il primo errore della signora Meloni”, ha detto l’ex presidente del Consiglio, stando a quanto riferisce La Stampa. Il primo. Berlusconi sembra attendersene altri. Forse un auspicio, per cercare di dimostrare che aveva ragione lui quando diceva, mesi fa, che bisognava stare cauti con la scelta di Meloni presidente del Consiglio. Ma anche questa, in fondo, è una vecchia storia. All’ex Cav. non è mai andato a genio nessuno che non fosse sé stesso, persino gli aspiranti successori sono rimasti schiacciati dall’ingombrante leader di Forza Italia. Angelino Alfano, Giovanni Toti. Una strage di delfini. Salvini, semplicemente, ha bisogno di un motivo per esistere politicamente (un problema che Berlusconi, motore immobile del centrodestra, non ha mai avuto) e continuare a essere il leader della Lega.

In fondo non c’è niente di nuovo. Ogni leader è comprensibilmente in ansia per il controllo della comunicazione. I provvedimenti che prende per rendere effettivo questo controllo sono i più vari. Come sorvegliare i comunicati di deputati e senatori. Sono tutte cose già viste con altri Governi, anche di centrosinistra (con certi spin doctor che controllavano le presenze televisive dei parlamentari). Tutte cose che non servono a niente, perché la responsabilità non è di questo o quel deputato o senatore: Meloni ha ottenuto consenso per le sue promesse all’opposizione e per la sua comunicazione personale, convincendo gli elettori della sua diversità politico-istituzionale (che poi è quello che cercano sempre gli elettori: la novità, che viene superata da un’altra novità). È lei che deve restare fedele a quello che ha detto in questi anni. Insomma, governare stanca, forse lo sta scoprendo anche la presidente del Consiglio. Certo, c’è un vantaggio inimitabile per Meloni e glielo concede l’opposizione, segnatamente il Pd, che non fa altro che parlare di norme, di date, di modalità per fare le primarie. Il Pd è malato di proceduralismo. È alla ricerca di una procedura, non di un’idea. Non di una soluzione per togliersi dai guai in cui si è infilato. Anziché evocare un dibattito sul lavoro, sull’economia, sull’ambiente, sulla scuola, sulle linee di frattura che attraversano la società, ragiona su come fare il congresso. Come disse una volta Nanni Moretti parlando del Pd, “con questo tipo di dirigenti non vinceremo mai”. Anche oggi, evidentemente, la mitologica “base” del Pd può pensarlo. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)