ROMA (Public Policy) – di Francesco Ciaraffo – Bocciato dai sindacati confederali e promosso da molte associazioni di rappresentanza di alcune tipologie specifiche di lavoratori. Incardinato in commissione Lavoro al Senato lo scorso gennaio, il ddl ‘Istituzione del reddito di cittadinanza nonché delega al Governo per l’introduzione del salario minimo orario’ rilanciato dalla marcia Perugia-Assisi del M5s (nella foto: Beppe Grillo) di sabato avanza piano e al momento ha solo raccolto il parere di esperti e associazioni in fase di audizione.
CISL E UGL: LE PRIORITÀ SONO ALTRE
Secondo la Cisl, meglio del reddito di cittadinanza è il reddito di inclusione sociale, cioè non un reddito minimo indifferenziato a tutta la popolazione, bensì un sostegno alle sole persone che si trovano in un’effettiva condizione di povertà, in particolare a tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta.
Simile la posizione dell’Ugl, secondo la quale “l’istituzione di un reddito di cittadinanza in un Paese come il nostro, dove la perdita del posto di lavoro è vissuta, giustamente, come un dramma, viste le normali ed evidenti difficoltà di reingresso nel mondo del lavoro, rischia di ampliare la forbice fra lavoro regolare e sommerso con tutto quello che ne consegue anche in termini di concorrenza fra le imprese”.
Anche il sindacato guidato da Francesco Paolo Capone indica una diversa priorità: “Prima di introdurre il reddito di cittadinanza, o comunque di pari passo, sarebbe utile affrontare in maniera efficace la lotta al sommerso e il rafforzamento della qualità dei servizi per il lavoro e la formazione”.
PROMOZIONE DA CUB, USB E COBAS: MA SERVE DI PIÙ
La Cub giudica positiva la presentazione del ddl sull’istituzione di un reddito minimo perché “pone una questione reale anche se in termini insufficienti”, si legge nella memoria depositata a Palazzo Madama. “Chi è senza lavoro o ha reddito insufficiente deve poter contare su un reddito minimo e servizi sociali gratuiti senza limiti di tempo”, spiega ancora il documento.
Secondo l’Usb, il redditto di cittadinanza “mira a coprire una grande lacuna della legislazione italiana e incontra pertanto il nostro favore ed interesse, anche in considerazione della tendenza regressiva che sta prevalendo nella gestione del mercato del lavoro”. Il sindacato di base aggiunge poi che “la scelta di erogare la misura del reddito di cittadinanza in base al reddito disponibile e non rispetto all’attività lavorativa costituisce un importante elemento di qualità del provvedimento”.
“Auspichiamo che si giunga in Italia a quanto vige in Europa in merito al reddito sociale o reddito minimo garantito”, è la posizone dei Cobas, che non manca, però di sollevare dubbi: “andrebbe garantito ai residenti e non solo ai cittadini”.
SÌ DA TILT!, CILAP E ACTA
“Sebbene stime dettagliate sul costo del reddito minimo richiedano analisi approfondite e aggiornate, l’introduzione di uno schema di reddito minimo appare oggi del tutto fattibile dal punto di vista finanziario”, è la posizone della rete di persone e di associazioni, Tilt!.
Cilap – Collegamento italiano lotta povertà, invece, “ritiene che il reddito minimo sia un supporto al reddito per coloro che non possono lavorare o non possono accedere agli ammortizzatori socio-economici”. Applausi anche dall’Associazione consulenti terziario avanzato – Acta, che si dice “favorevole a una misura di sostegno al reddito universalistica ed economicamente sostenibile, in sostituzione delle numerose altre prestazioni sociali e delle pensioni minime”.
FAVOREVOLI (CON RISERVA) ATDAL OVER 40 E BIN
“A nostro avviso, pur valutando positivamente l’idea di intervenire finalmente sulla questione reddito, non possiamo non sollevare una critica di carattere generale sull’impostazione di principio” sul ddl, si legge nella memoria dell’Associaizone per la tutela dei diritti acquisiti dei lavoratori. “Il reddito minimo di garanzia non ha nulla a che vedere con l’indennità di disoccupazione”, spiegano i rappresentanti di Atdal over 40.
Il reddito minimo garantito “non è un sussidio di povertà, ma un sostegno adeguato per un cittadino che vanta il diritto di partecipare pienamente alla vita della comunità cui appartiene: il destinatario è il singolo in quanto tale (e non la sua famiglia) che viene in considerazione come individuo di per sé e non solo come lavoratore escluso dal mercato”, chiarisce Bin – Basic Income Network.
ASSOCIAZIONI FAMILIARI: SERVONO MOLTE CORREZIONI
Il Forum delle associazioni familiari, infine, non boccia la misura, ma chiede parecchi correttivi, primo fra tutti che “l’entità dell’assegno deve assolutamente essere commisurata ai carichi familiari”. L’associazione sottolinea poi il rischio che un meccanismo troppo automatico e non condizionato di sussidi “possa rinchiudere i beneficiari nella ‘trappola della povertà’, dinamica secondo cui è conveniente non lavorare (non essere attivi) per ricevere un sussidio”.
Per questo, “non fissare limiti di durata al diritto di sostegno economico appare connesso alla deriva assistenziale della misura. Meglio sarebbe un sistema a termine (24 mesi, ad esempio, rinnovabile per altri 12 al massimo)”, spiega la memoria. (Public Policy)
@fraciaraffo