REDDITO DI CITTADINANZA, UNA QUESTIONE EUROPEA /FOCUS

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BILANCIO UE ITALIA PRONTA A VETO

(Public Policy) – Bruxelles, 21 mar – (di Daniela Sala) Un
reddito universale, individuale e non condizionato per tutti
i cittadini: è questo in sintesi il contenuto della proposta
di iniziativa legislativa presentata dai cittadini europei
attraverso la “European citizens’ initiative”, cioè lo
strumento di democrazia diretta previsto dal Trattato di
Lisbona che di fatto accorda ai cittadini la possibilità di
iniziativa legislativa, prerogativa esclusiva, fino al 2009,
del Consiglio europeo e in parte del Parlamento.

Presentata a gennaio 2013, questa iniziativa
(basicincome2013.eu) chiede alla Commissione di incoraggiare
gli Stati membri ad adottare appunto una misura ulteriore
rispetto al welfare state, lasciando comunque ai singoli
Stati la scelta delle modalità attuative.

Ci sarà tempo fino al gennaio 2014 per raccogliere le firme
(un milione in almeno 7 Stati membri). In realtà una proposta
molto simile era stata presentata già l’anno scorso ma poi rigettata
perché non in linea con le competenze dell’Unione europea.
Manca però qualunque studio di sostenibilità economica di
questa misura, molto simile per altro al reddito di
cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle durante la
campagna elettorale.

REDDITO DI CITTADINANZA O MINIMO: LE PROPOSTE ITALIANE
Una proposta, quella del M5s, su cui Bruxelles non ha
competenza per rilasciare alcuna dichiarazione ufficiale, ma
che, in linea teorica, potrebbe riscuotere un certo favore:
“L’Italia – spiega infatti l’eurodeputato Gianni Pittella
(Pd, eletto nelle file del partito europeo Alleanza
progressista di socialisti e democratici, S&D, terzo partito
per numero di seggi) – è uno dei pochi Paesi, tra le
democrazie e le economie più avanzate del continente a non
avere una tutela universale e automatica dei redditi dei
cittadini”.

Il problema anche in questo caso è la dibattuta
realizzabilità economica a livello nazionale: “La proposta
ovviamente non è di Grillo – continua Pittella – . Sono tre
anni per esempio che il gruppo Lisbona, l’organismo di
coordinamento dei gruppi del Pd alla Camera, al Senato e al
Parlamento europeo, si sta battendo per l’introduzione di
uno strumento del genere, riunendo i testi delle proposte di
direttive europee e i disegni di legge presentati al
riguardo in Italia dal Pd e in Europa dai socialisti.

Purtroppo nel nostro Paese ci sono forti resistenze
ideologiche e basate su stupidi luoghi comuni sulla presunta
insostenibilità della misura”.

LA LEGISLAZIONE EUROPEA E LE DIFFERENZE TRA PAESI
Ed è certo che un’eventuale approvazione europea della
petizione ne faciliterbbe l’attuazione anche nel nostro
Paese. In ogni caso, se a livello nazionale sarà il
Parlamento a decidere, per l’Europa la decisione spetta alla
Commissione.

“Sarebbe senz’altro auspicabile che prima della
presentazione delle iniziative i promotori ne studiassero
pro e contro e la sostenibilità – commenta Assya Kavrakova,
European Citizen Action Service -, ma al momento ciò non è
realistico ed è in pratica compito della Commissione
approvare o meno la proposta di legge considerandone gli
aspetti tecnici ed economici”.

Senza considerare poi le differenze tra i vari Stati
membri: se il reddito di cittadinanza non esiste in nessun
Paese europeo, il reddito minimo garantito (guaranteed
minimum income in inglese) è invece ampiamente diffuso nei
paesi nordeuropei ma condizionato da regole che determinano
chi può avere accesso al sussidio e chi no.
E questo non vale solo per il reddito minimo garantito:

l’iniziativa per l’acqua pubblica (per “il diritto umano
universale all’acqua potabile” promuovendone l’erogazione
“in quanto servizio pubblico fondamentale per tutti”) ad
esempio si è chiusa con successo a gennaio, ma in Italia le
firme raccolte sono state poche perché i cittadini italiani
si erano da poco espressi favorevolmente tramite le
consultazioni referendarie nazionali. Per la Grecia,
all’opposto, la petizione rischia di rivelarsi inutile, dal
momento che a giugno il settore sarà privatizzato e con
tutta probabilità l’iniziativa sarà ancora in discussione.

OBIETTIVO: REFERENDUM EUROPEO
A un anno dalla nascita del diritto di iniziativa dei
cittadini europei il bilancio è nel complesso negativo,
almeno secondo gli addetti ai lavori: nell’ultimo anno sono
state registrate 27 proposte: 8 sono state rifiutate perché
si trattava di materie non di competenza dell’Ue e 14 hanno
avuto successo e sono state presentate alla Commissione
europea.

Le petizioni restanti sono in sospeso.
“È un primo passo verso la democrazia diretta e uno
strumento cruciale per contrastare il crescente
euro-scetticismo – spiega Daniel Schily, dell’organizzazione
tedesca Mehr Demokratie, più democrazia -. Il prossimo
obiettivo è ottenere il referendum europeo”.

C’è, però, in generale una
scarsa conoscenza e una limitata informazione riguardo a
questo strumento: “Gli organizzatori stessi – spiega Assya
Kavrakova, European Citizen Action Service -spesso non hanno
chiare le competenze”.

I tempi in generale sono stretti: diverse organizzazioni
chiedono che il tempo per la raccolta delle firme sia esteso
almeno a due anni, senza contare che, una volta raccolte, le
firme sono controllate dai singoli stati membri secondo
criteri diversi e con tempistiche variabili e lungaggini che
possono facilmente determinare la decadenza dei termini.

DEMOCRAZIA DIRETTA E RISCHIO LOBBYING
Una certa perplessità desta infine la possibilità che
compagnie o privati usino il diritto di iniziativa come uno
strumento di lobbying: è accaduto ad esempio con la proposta
presentata lo scorso maggio e nota come Happy cows, poi
trasformata in una campagna più generica e finanziata da
un’azienda statunitense di gelati.

“Proprio per evitare attività di lobbying sotterranee le
regole sulla trasparenza sono rigide – ribatte Bruno
Kauffmann, presidente dell’Initiative and Referendum
Institute Europe -, i fondi e le donazioni sono pubblicati
sul sito della Commissione europea (ec.europa.eu/citizens
initiative/public/initiatives/ongoing). D’altra parte è
possibile che le istituzioni europee stesse utilizzino il
diritto di iniziativa per promuovere campagne a favore
dell’Unione stessa”.(Public Policy)

DSA