di Sonia Ricci
ROMA (Public Policy) – Un’iniziativa legislativa popolare ‘rafforzata’ con un quorum ‘approvativo’: è questo il tema centrale della nuova riforma costituzionale a firma del Movimento 5 stelle e appoggiata dalla Lega. La proposta di legge ha ottenuto il primo via libera parlamentare: l’aula della Camera l’ha esaminata e approvata, avviando così la cosiddetta ‘navetta’ costituzionale che richiederà quattro passaggi tra Camera e Senato prima dell’eventuale referendum e l’entrata in vigore.
Il testo è stato profondamente cambiato sia durante il passaggio in commissione Affari costituzionali che in aula. La maggioranza e il Governo, infatti, hanno mostrato (un po’ inaspettatamente) significative aperture nei confronti delle opposizioni. In particolare, con la modifica sul quorum e quella sul ballottaggio. Vediamo in dettaglio le novità della pdl che ora passa al Senato.
PDL POPOLARE ‘RAFFORZATA’
Qualora 500 mila elettori presentino una proposta di legge e le Camere non l’approvino entro 18 mesi (o la modificano sostanzialmente), coloro che hanno diritto al voto avranno la possibilità di esprimersi attraverso un referendum propositivo.
NIENTE BALLOTTAGGIO
Come detto, durante l’esame alla Camera sono state diverse le aperture da parte della maggioranza. Alcune sono arrivate in commissione, altre in aula. Per quanto riguarda il passaggio in assemblea, la relatrice Fabiana Dadone ha presentati sei proposte di “compromesso” che hanno appunto cambiato in modo significativo il testo. La prima riguarda lo stop al ballottaggio tra i due testi (quello popolare e quello modificato dalle Camere), previsto dal testo originario.
Nel dettaglio, il nuovo meccanismo referendario funzionerà in questo modo: se le Camere dovessero modificare la legge di iniziativa popolare presentata dai comitati con “modifiche non meramente formali”, la consultazione si svolgerà solo sulla pdl popolare. Nel caso di vittoria da parte dei comitati promotori, il testo parlamentare decadrà. Nel caso in cui, invece, il referendum respingesse la proposta popolare e le Camere in precedenza non avessero approvato una legge alternativa non cambierà nulla nell’ordinamento italiano.
In questo modo, ha spiegato la relatrice Dadone (M5s) “viene stemperato il paventato rischio di una contrapposizione tra popolo e Parlamento”. Dovrebbe poi essere l’ufficio di Cassazione ad esaminare la legge popolare dopo il vaglio del Parlamento e verificare se durante il passaggio alle Camere siano state introdotte modifiche sostanziali. Solo in quel caso, infatti, sarà indetto il referendum.
TETTO MAX A PROPOSTE
Non solo, tra le proposte approvate una prevede che la futura legge di attuazione del referendum propositivo fisserà un tetto massimo di proposte di iniziativa popolare che potranno essere presentate. La modifica – riferisce la stessa Dadone – “eviterà che il Parlamento venga intasato dalle proposte”.
VAGLIO CONSULTA DOPO 200 MILA FIRME
Sia per il referendum propositivo che quello abrogativo, ci sarà il giudizio di ammissibilità da parte della Consulta, dopo che la proposta di legge di iniziativa popolare ha ottenuto almeno 200mila firme. Quindi le pdl, prima della raccolta del totale delle firme necessarie (500mila), potranno essere esaminate in modo tale che i comitati vadano avanti con la raccolta firme sapendo che il testo sostanzialmente non viola la Carta costituzionale.
PAR CONDICIO IN CAMPAGNA REFERENDARIA
Durante il lavoro in assemblea, da parte della maggioranza è arrivata una nuova apertura alle richieste del Pd: sono stati accolti, infatti, due ‘sub’ alle proposte della relatrice. Uno di questi introduce la par condicio durante la campagna referendaria sulle due proposte (quella popolare e quella parlamentare).
REFERENDUM SI O REFERENDUM NO?
Mentre l’altro emendamento Pd accolto demanda a un “organo terzo” la futura decisione se la legge modificata dalle Camere presenta “modifiche sostanziali”. Il giudizio di quest’organo, che come detto potrebbe essere l’ufficio di cassazione, sarà decisivo per l’avvio o meno del referendum.
CAMBIA QUORUM, ANCHE PER ABROGATIVO
Per quanto riguarda, invece, il lavoro fatto in commissione sono state sostanzialmente due le modifiche più rilevanti al testo: la prima riguarda il ritocco del quorum (anche per le consultazioni abrogative, già previste dalla Costituzione) e la seconda le firme necessarie perché il quesito venga esaminato dalla Corte costituzionale (200mila). Per quanto riguarda il quorum, il M5s da sempre ne chiede l’abolizione, ma il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito nelle scorse settimane che “un minimo di quorum bisogna metterlo altrimenti qui si alzano in dieci la mattina e decidono cosa fare”.
Insomma, alla fine si è arrivati a un compromesso legislativo proposto da Stefano Ceccanti del Pd: l’emendamento approvato la consultazione sarà considerata valida solo se i ‘sì’ al referendum saranno superiori a un quarto degli aventi diritto. In sostanza, si tratta di un quorum di “approvazione”, ovvero i ‘sì’ – oltre a dover essere superiori ai voti contrari – dovranno superare il 25% di coloro chiamati a votare. Circa 12,5 milioni di elettori, dunque, su un totale di 50 milioni di aventi diritto. (Public Policy)
@ricci_sonia