Resocónto – Le gride (atto II)

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di Gaetano Veninata

ROMA (Public Policy) – Dopo il successo della scorsa settimana, il Parlamento ha deciso – questa volta ramo Senato, dopo il dolore di Montecitorio – di tornare a indignarsi per i morti sul lavoro. Votando addirittura una mozione unitaria per la sicurezza. Da buon resocontista non posso che scrivere: (Applausi).

E, ovviamente, non posso non riportare gli interventi che hanno accompagnato l’approvazione del testo, che speriamo segni una svolta (e sicuramente sarà così, non c’è da dubitarne). Ne ho scelti due: il primo è dell’architetto calabrese, classe 1967, Ernesto Rapani (Fratelli d’Italia); l’altro è l’ex Pd, piemontesissimo, Enrico Borghi, passato a Italia viva qualche mese fa.

Rapani (FdI): Plaudo all’iniziativa del Governo, quando dice di fare corsi già nelle scuole, perché è da lì che dobbiamo partire. (Brusio). Presidente, chiedo scusa, però purtroppo il brusio non mi fa concentrare. Vabbè, anche il presidente è un po’ impegnato. (Applausi). Dovremmo partire proprio dalle scuole elementari, proprio perché i ragazzi sono sacchi vuoti da riempire e noi dobbiamo riempirli. Noi dobbiamo inculcargli il concetto della cultura della sicurezza, perché purtroppo è quello che ci manca. Ve lo dice un addetto ai lavori. Quando avvio lavori in qualità di responsabile della sicurezza e faccio l’informazione ai lavoratori, vi posso garantire che cerco di terrorizzarli. Sono convinto di essere ascoltato, ma mi illudo, perché poi mi capita di vedere un lavoratore che, anziché utilizzare una scaletta per salire su un’impalcatura, si arrampica come una scimmia all’impalcatura stessa. Lì naturalmente parte la rabbia e, in qualche modo, per quello che posso, intervengo.

Borghi (Iv): Signor presidente, “verrà la morte e avrà i tuoi occhi, questa morte che ci accompagna dalla mattina alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo”: c’è una assonanza triste tra i tragici fatti di Brandizzo e questi versi di un letterato peraltro della stessa terra piemontese, Cesare Pavese. Il volto, lo sguardo. Signora ministra, colleghi, penso che tutti noi faremo fatica e non dovremo dimenticare lo sguardo di Kevin Laganà in quel video recuperato su Instagram. È un video agghiacciante: “Se vi dico treno, vi spostate dall’altra parte”. È uno sguardo che ci interroga, che ci responsabilizza, che ci pone delle domande. Penso che noi, rievocando il senso etimologico di quella poesia, dobbiamo evitare che la nostra rischi di essere una parola inutile, un grido strozzato o, peggio ancora di fronte a questi casi, un’abitudine irrazionale, alla quale non possiamo e non dobbiamo arrenderci. (Public Policy)

@VillaTelesio