di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Non può che essere la guerra – e ancora la guerra – il tema centrale di queste settimane in Parlamento. Il conflitto in Ucraina continua infatti a impegnare i nostri eletti in duelli retorici appassionanti, elmetto in testa, coraggio in tasca. Nulla viene lasciato al caso, dall’uso corretto del latino agli antivirus informatici, dal vecchio spauracchio delle ong alla geografia fatta in casa.
Enrica Segneri (M5s): Mi rifaccio anche alle parole che ho sentito dal collega Mollicone di Fratelli d’Italia. Gruppo, questo di Fratelli d’Italia, che utilizza spesso termini latini; sappiamo e conosciamo la storia classica che li contraddistingue e sicuramente il collega Mollicone avrà fatto sicuramente degli studi classici importanti, però vorrei ricordare che evocare sempre questa frase: “si vis pacem, para bellum”, evoca periodi imperialisti terminati nel 476 dopo Cristo, con la caduta dell’Impero romano. Siamo nel 2022 e inviterei i colleghi a guardarsi intorno, a guardare alle piazze, ad ascoltare i moniti del Papa e soprattutto a prestare attenzione agli esperti.
Maurizio Gasparri (FI): Vorrei intervenire sulla questione della cybersecurity affidata a una società russa, il cui nome è Kaspersky, che si pronuncia alla maniera russa e non a quella inglese. È proprio questo il problema: non sarebbe meglio questa seconda opzione? Che facciamo?
Maria Teresa Bellucci (FdI): C’è parte di quest’aula che dà grande attenzione a persone come Carola Rackete, che abbiamo visto essere sparita in questi giorni e in queste settimane. Ci sarebbe piaciuto vederla lì, al confine con il territorio dell’Ucraina, magari nell’Ucraina stessa, per portare solidarietà.
E infine, il capolavoro (grazie a Luciano Capone): “La norma consolidata (anche se non scritta) che separa rigidamente la politica dallo sport – scrive un gruppetto di ex 5 stelle in un’interrogazione – è stata calpestata, portando alla decisione di escludere le squadre russe di club e nazionali, e singoli atleti, da tutte le competizioni internazionali. Tanto per mostrare l’assurdità di questa decisione, il boicottaggio sportivo non accadde nemmeno quando l’Italia andò a giocare la finale di coppa Davis nel Cile di Pinochet fresco di golpe; l’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale grazie agli esperimenti nucleari che stava conducendo”.
Peccato, come ricorda Capone, che le olimpiadi fossero a PyeongChang, in Corea del Sud. (Public Policy)
@VillaTelesio