di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Come per tutte le riforme ‘costituzionali’, ça va sans dire, anche il dibattito in Parlamento sul cosiddetto “premierato” è diventato in brevissimo tempo un facile terreno di caccia per resocontisti. Le aule del Senato e della Camera diventano palestre di retorica e diritto pubblico, storia dei partiti e della politica, geografia e memorie autobiografiche.
Come quella di Luigi Spagnolli (Autonomie): Signor presidente, faccio un brevissimo riferimento autobiografico. Ho avuto un maestro elementare nato nel 1907, sotto l’Austria, poi diventato italiano dopo il 1918, da adolescente, che ci diceva che avendo vissuto all’epoca del fascismo e poi nel secondo dopoguerra, aveva maturato un entusiasmo straordinario nell’essere italiano. Come tutti i maestri di allora, anche lui era un onnisciente, insegnava tutte le materie con rara competenza e ci spiegò alle elementari come funzionava lo Stato, che c’erano le elezioni, che c’era il Parlamento, che c’era il Governo e ci disse che c’erano i senatori a vita. Al pensiero che esistevano i senatori a vita nel Parlamento […] mi sentivo orgoglioso di far parte di un Paese che aveva questo istituto.
Senatori a vita e vita che scorre, va avanti, vita e memoria, un binomio che ritorna nelle parole del presidente Ignazio La Russa: Senatore Boccia, volevo dirle, prima di incominciare, che dall’elenco dei senatori a vita mi sono accorto di quanto sono in età, perché ne ho conosciuti veramente parecchi; non tutti, non esageriamo, ero distratto, durante la prima guerra punica mi ero occupato di altro.
Le proteste, poi, durante il dibattito sulle riforme costituzionali, sono un obbligo – come dire – costituzionale. Sventolare una copia della Carta, uno splendido refrain. Sempre La Russa: Tutti innalzano la Costituzione, sia a destra che a sinistra, e questo mi fa piacere: vuol dire che tutti avete in animo di rispettarla. Vi prego, a destra come a sinistra, di abbassare la Costituzione, che è di tutti, non di una parte. Le riprese ci sono già state. C’è qualcuno che ne ha addirittura due in mano, ma sempre una è la Costituzione.
Le interruzioni, i disordini, i battibecchi. Il nostro Parlamento.
Enrico Borghi (Iv): Non mi interrompa, presidente, mi lasci parlare. Lo dico perché ho già visto che c’è una certa pulsione un po’ particolare nel suo polso. Stia tranquillo…
“Vada avanti, senatore Borghi, non si preoccupi e non guardi il polso“. (Public Policy)
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