(Public Policy) – Roma, 1 ago – “Questo ddl inizia oggi un
iter e ha un ambito e una finalità limitata: non si tratta
della definizione delle proposte di merito di riforma della
Costituzione, che noi riteniamo necessari per l’auspicata
modernizzazione del nostro sistema istituzionale, ma di
stabilire un percorso per arrivare a soluzioni che il Paese
aspetta da tempo”. Lo dice in aula alla Camera il ministro
per le Riforme Gaetano Quagliariello, durante la discussione
generale sul ddl per le riforme costituzionali.
Giudicando i tempi di studio del ddl più che sufficienti,
il ministro definisce il testo “coerente con la mozione
approvata il 29 maggio, visto che persegue la finalità di
agevolare il percorso delle riforme, valorizzando sia le
componenti della democrazia rappresentativa che quelle della
democrazia diretta e della partecipazione popolare. Nessuno
vuole infatti stravolgere il senso dell’articolo 138 della
Costituzione”.
“Se la maggioranza avesse voluto avrebbe potuto benissimo
approvare una riforma senza referendum: avere scelto
quest’ultima via è però la migliore garanzia che potevamo
dare alle opposizioni“, dice ancora il ministro.
“Il tempo è un fattore decisivo ai fini dell’efficienza
dell’intervento, e il tempo politico non è il tempo
cronologico, in politica 5 minuti valgono più di 5 anni:
tanto maggiore sarà la riuscita di una riforma tanto più
ravvicinata nel tempo sarà la sua realizzazione. Una cura
medica non ha senso se prestata a un malato ormai in
agonia”, dice ancora Quagliariello.
LE MOZIONI DEL 29 MAGGIO
Sono tre, approvate dall’assemblea di Palazzo Madama nella
seduta del 29 maggio; una presentata dalla maggioranza, una
dalla Lega nord e una dalle Autonomie. La mozione di
maggioranza impegnava il Governo a presentare alle Camere,
entro giugno, un disegno di legge costituzionale che
prevedesse una procedura straordinaria, rispetto a quella
delineata dall’articolo 138 della Costituzione, per
agevolare il processo di riforma.
Quella della Lega prevedeva invece di dare attuazione alle
dichiarazioni programmatiche del premier Enrico Letta in
tema di riforme costituzionali, con esplicito riferimento
all’ipotesi di una Convenzione che avanzasse proposte sul
superamento del bicameralismo perfetto, l’istituzione del
Senato delle Regioni, la riforma del Titolo V, l’attuazione
del federalismo fiscale.
La mozione delle Autonomie mirava a garantire la presenza
di almeno un senatore delle minoranze linguistiche nel
Comitato per l’esame dei progetti di revisione
costituzionale. (Public Policy)
GAV