Se nessuno vuole il ministero del Lavoro: l’ipotesi Calderone

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di Francesco Ciaraffo

ROMA (Public Policy) – Nel vortice del totoministri, con caselle ambitissime (come il Viminale) o la Salute, c’è una poltrona di cui si è parlato pochissimo. È quella del ministero del Lavoro, finora non assegnata a nessuno degli ipotetici nomi. Il motivo potrebbe essere cercato nel fatto che da via Veneto passano molte rogne e pochissimi riflettori della ribalta. Il ministero al momento guidato da Andrea Orlando, infatti, non si occupa direttamente di crisi aziendali (il titolare è il Mise) ma gioca comunque un ruolo. Ed è immaginabile che con le prospettive poco rosee dell’autunno non si sgomiti per ricoprire il ruolo.

Ma ovviamente nel puzzle del prossimo Esecutivo dovrà rientrare anche quella casella. Uno dei nomi che circola – risulta a Public Policy –  è quello di una tecnica, la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone.

Se così fosse, sarà lei a doversi occupare di alcuni temi assai rilevanti. Tra i dossier più caldi quelli di reddito di cittadinanza e pensioni.

FdI e Lega hanno sempre spinto per l’abolizione dello strumento varato durante il Conte I, ma negli ultimi giorni della campagna elettorale i toni si sono fatti più sfumati. La proposta del partito di Giorgia Meloni sarebbe quella di ‘dividere’ la misura: mantenere la parte del sostegno per le persone non avviabili al lavoro, cancellando quella di sostengo ‘puro’ (come aveva spiegato il deputato di FdI, Walter Rizzetto, a Public Policy).

C’è poi la questione previdenziale. Tutte le forze di centrodestra spingono per il non ritorno alla legge Fornero (che scatterebbe dal prossimo anno senza interventi in legge di Bilancio 2023). La proposta di FdI parte dalla flessibilità in uscita già dai 62 anni con un piccolo decalage sull’assegno mensile. La Lega invece punta forte su Quota 41 (l’uscita con 41 anni di contributi).

La plenaria del Parlamento Ue lo scorso settembre ha approvato l’accordo raggiunto tra i colegislatori sulla proposta di direttiva sui salari minimi adeguati nell’Unione europea e il via libera è arrivato anche dal Consiglio Ue. Dovrà partire ora l’iter di recepimento negli Stati membri. Una partita che si dovrà giocare anche in Italia, tenendo in considerazione il ruolo dei sindacati.

C’è infine anche il capitolo equo compenso. La legge per garantire una giusta paga ai professionisti è rimasta lettera morta nella legislatura agli sgoccioli. Ma il tema è caro alle forze del centrodestra, quindi se ne riparlerà. (Public Policy)

@fraciaraffo