Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Siamo al bivio, con un miliardo di euro da indirizzare tra la vecchia o la nuova strada degli ammortizzatori sociali. Il sistema attualmente vigente per la tutela di chi perde il lavoro, infatti, ha la sua colonna portante nella cassa integrazione guadagni: un modello che garantisce solidamente solo alcune categorie di lavoratori ma che ne dimentica totalmente molti altri, in particolare i giovani precari; che tutela il posto di lavoro (spesso non più produttivo) e non l’individuo; che finanzia, il più delle volte in deroga, cassaintegrati che aspettano (magari nel frattempo lavorando in nero) una miracolosa rinascita della loro azienda; che non offre alcuno stimolo a fare corsi di aggiornamento e reinventarsi, ma anzi insinua l’idea che il posto di lavoro sia un diritto assoluto e inalienabile.

Un sistema vecchio, ancorato a superate logiche di relazioni industriali basate sulla novecentesca dicotomia lavoratore-padrone e che, soprattutto, ogni anno richiede maggiori stanziamenti finanziari da parte dello Stato, i quali raramente innescano qualche effetto virtuoso sull’economia. Lo stesso accade anche nel 2014, visto che per coprire le erogazioni della cassa integrazione del 2013 sono stati recuperate risorse dal bilancio di quest’anno. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato chiaramente che per sostenere gli ammortizzatori a 50mila (ex) lavoratori nell’anno in corso “manca un miliardo”.

Cifra tonda questo miliardo che, sempre secondo quanto dichiarato da Poletti, sarebbe la stessa che servirebbe per passare dai vecchi ai nuovi modelli di ammortizzatori sociali. Per abbandonare la vecchia cassa integrazione e passare ad un sistema nuovo, in grado di difendere ugualmente tutti i lavoratori, siano essi precari o garantiti, capace di sostenere la flessibilità, con l’erogazione di contributi per i periodi di disoccupazione temporanea, che spinge chi perde il lavoro all’attivismo, all’aggiornamento professionale, al riadattamento lavorativo, che insomma tutela il lavoratore nel nuovo contesto e nelle nuove dinamiche economiche fluide e globalizzate, non più fondate sulla vecchia industria di stampo fordista.

Insomma, servirebbe un miliardo per perpetrare la vecchia cassa integrazione. Lo stesso miliardo che servirebbe per adottare quel sistema di “flexsecurity” che nei Paesi del Nord Europa coniuga flessibilità lavorativa e sicurezza sociale. Possiamo scegliere. Spendiamo bene il miliardo in questione e prendiamo la strada giusta. (Public Policy)

@ecisnetto