Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Pagare meno, pagare tutti. Sulla pressione fiscale il refrain che a voce viene ripetuto come un mantra viene poi smentito dalla realtà dei fatti, a cominciare dai provvedimenti che Palazzo Chigi sta portando avanti sulle tasse indirette, quella forma di imposizione fiscale che colpisce indistintamente tutti, ricchi e meno ricchi, allo stesso modo.

È infatti atteso in Consiglio dei ministri per la prossima settimana il decreto legislativo in attuazione della delega fiscale, in cui sarebbe previsto l’aumento delle accise sul tabacco, fino a raggiungere 500 milioni di euro di nuove entrate per l’Erario. Il testo di questo provvedimento ha ballato più volte ma, in ogni caso, tutte le ipotesi che il governo sta studiando (creare un “onere fiscale minimo” per ogni prodotto, anche per il tabacco trinciato, segmentare gli aumenti delle tasse per spalmarne gli effetti, equiparare la tassazione delle sigarette elettroniche a quella dei tabacchi lavorati) hanno la stessa strategia attuata in questi anni: aumentare le tasse a chi già le paga, senza riuscire a farle pagare a chi non lo fa.

Eppure, il giro d’affari illecito sui tabacchi, che Dogane e Guardia di Finanza calcolano in 2,8 miliardi di sigarette e che il Censis stima profondamente cresciuto negli anni di crisi, vale per l’Osservatorio Nomisma, 485 milioni di mancati incassi fiscali ogni anno. Esattamente quanto le nuove tasse che il governo sarebbe pronto a introdurre. Ma in realtà il sommerso (e impunito) commercio dei tabacchi è quattro volte più grande. Infatti, queste stime sono realizzate senza calcolare i kilometri di costa che ha l’Italia, e la tradizione del “contrabbando”.

Infatti, stando così le cose le sigarette consumate in Italia che non hanno pagato l’accisa si aggirerebbero intorno al 3,7% del totale, a fronte del 14% della Francia, del 12% della Germania e persino dell’8% della Svizzera. È possibile che il Paese con un sommerso smisurato e uno dei più alti livelli di evasione fiscale poi sia 3-4 volte più virtuoso degli proprio sulle sigarette? In realtà, rimesso in media con i Paesi europei, il dato italiano passerebbe da 485 milioni a 2 miliardi di euro.

E siccome le tecnologie per “tracciare” i pacchetti di sigarette, da usare in aggiunta all’attuale etichettatura, esistono e in molti paesi nel mondo i governi e le amministrazioni preposte se ne sono dotati ottenendo straordinari risultati, non si capisce perché una scelta di questo genere non dovrebbe farla anche l’Italia. Naturalmente stando attenti ai sistemi di controllo che gli stessi produttori di sigarette stanno cercando di piazzare, visto che in quel modo i controllati diventerebbero controllanti.

Anche perché, mentre le sigarette contraffatte sono un danno per le multinazionali del tabacco – ma la Guardia di Finanza dice che sono solo il 15% del sequestrato – quelle “originali” su cui è stato omesso di pagare le tasse sono invece un problema solo per l’Erario. Per pagare meno, pagare tutti, la tecnologia e gli strumenti esistono. Gli annunci sono stati fatti. Il dubbio è che restino solo “fumo“. (Public Policy)

@ecisnetto