Lo Spillo
di Enrico Cisnetto

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ROMA (Public Policy) – E la riforma del catasto? Ecco, c’è proprio da chiedersi dove sia finito un provvedimento in grado di eliminare le attuali “iniquità distributive” nella tassazione degli immobili.

Come ha dichiarato in audizione parlamentare sulla nota di aggiornamento al Def il vicedirettore generale di Bankitalia, Federico Signorini, “il disallineamento tra basi imponibili e valori di mercato, nella misura in cui le rendite catastali non sono aggiornate, genera iniquità distributive”.

Se ce n’era bisogno, è la conferma che il problema va risolto. Eppure, il governo ha avuto un anno intero, fino al 27 giugno scorso, per emanare un decreto con cui introdurre la riforma. Il tempo, però, è passato e nulla è stato fatto. Sullo scottante tema delle tasse sulla casa, infatti, la politica è bipolare: o le cancella per tutti o le impone a tutti indiscriminatamente, a prescindere da reddito e tipo di immobile.

Non importa che, come sostiene Bankitalia, “una rivalutazione delle rendite catastali renderebbe disponibili risorse”, né che in Europa vedano con sfavore il taglio generalizzato delle tasse sugli immobili tramite l’uso degli eventuali margini di flessibilità sul deficit e neppure che non si metta in discussione il principio dell’invarianza complessiva del gettito, previsto nella delega al governo.

La ricerca del consenso immediato ha condizionato ogni decisione. Ma di tasse sugli immobili si discute da anni, con pericolose, confusionarie ed elettoralistiche inversioni di marcia. Il dibattito è stato solo “sì o no alla tassa sulla prima casa”. Ora, è ovvio che chi possiede un solo immobile nel centro storico di una grande città, debba pagare l’imposta, mentre chi ne ha due in un piccolo paesino montano dovrebbe eventualmente essere esentato. Ma i calcoli non possono essere “spannometrici“.

Per garantire equità è necessario sanare gli squilibri, tra cui l’adeguamento catastale degli immobili di pregio e, più in generale, adattare le rendite ai valori di mercato, calcolandoála presenza di scale, l’anno di costruzione, il piano, l’esposizione, la localizzazione. Non facile, ma assolutamente necessario. Sembrava che la riforma del catasto potesse arrivare insieme alla local tax (che dal 2016, avrebbe dovuto sostituire tutte le altre imposte), ma risulta contumace anch’essa.

Ora, come ci ha mostrato Berlusconi, è comprensibile che per il governo sia politicamente molto conveniente dire “aboliamo le tasse sulla prima casa”. Ma, come suggerisce Maurizio Savoncelli, presidente Consiglio nazionale dei geometri, che sul tema ne sa più di chiunque, “il disallineamento tra la banca dati catastale ed i reali valori di mercato causa una pesante sperequazione che colpisce tutti i proprietari, soprattutto quelli di fascia debole”.

Altro che annunci elettorali, quindi. Per una volta sarebbe necessaria una visione da “statista e non da “politico”. Ma, per concludere la riforma – aggiunge Savoncelli – è indispensabile “la partecipazione dei proprietari che, avvalendosi dei propri tecnici, possano conferireá consistenze degli immobili. Solo così, con la partecipazione attiva, una riforma epocale, utile ed oramai improcrastinabile, potrà vedere la luce”. (Public Policy)

@ecisnetto