ROMA (Public Policy / Stradeonline.it) – di Lucio Scudiero – Giovedì 23 aprile si riunisce il Consiglio europeo straordinario per discutere la gestione del flusso di migranti nel Mediterraneo, dopo i tragici fatti di sabato scorso in cui hanno perso la vita 700 persone. La convocazione della massima istanza politica dell’Unione era un atto politicamente dovuto. L’esito del summit non è affatto scontato però.
È vero – come da più parti commentato – che la gestione dei confini meridionali dell’Ue è una questione europea, che non riguarda solamente l’Italia, ancorchè il nostro Paese, per posizione, grandezza e proiezione, sia il punto d’ingresso maggiormente interessato dai fenomeni migratori provenienti dall’Africa. È però altrettanto vero che la protezione dei confini sud dell’Unione e la gestione della sicurezza e dell’assistenza umanitaria nelle acque del Mediterraneo non sono necessariamente una preoccupazione pan-europea.
C’è una parte di Europa, con l’Italia in primis, più coinvolta dell’altra. E sarebbe possibile far seguire a questa condizione di fatto una coerente organizzazione istituzionale e politica, in seno all’Unione europea, a presidio della cosiddetta Area di libertà, sicurezza e giustizia, che è quell’area di competenza concorrente tra l’Unione e gli Stati membri a cui afferiscono le politiche migratorie, il presidio dei confini esterni, nonché le politiche di asilo.
Si tratterebbe, in buona sintesi, di promuovere l’avvio di una cooperazione rafforzata tra i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, affinché quella parte di Europa più interessata al tema della gestione dei flussi umani provenienti dall’esterno possa andare “più veloce” dell’altra, quella del Nord, nell’adozione di politiche e risposte ordinarie comuni. Per azionarla, servono nove Stati membri e la decisione formale verrebbe assunta dal Consiglio. Va da sé che, con un accordo tra i capi di Stato e di Governo raggiunto domani in Consiglio europeo, renderebbe poi l’assunzione formale di tale decisione molto più semplice.
L’Italia potrebbe farsene capofila, associando innanzitutto i Paesi maggiormente esposti nel Mediterraneo, quali Spagna, Malta, Cipro, Portogallo, ed esercitando la propria influenza sugli altri Stati membri dell’area balcanica, Slovenia e Croazia, oltre che su Francia e Germania, che pure si sono dichiarate aperte a contribuire alla gestione della crisi (cosa che già fanno nell’ambito dell’operazione Triton). Non consideriamo la Grecia, per ovvie ragioni. La cooperazione rafforzata non potrebbe coprire azioni emergenziali da adottare nel contesto della Politica estera e di sicurezza comune, che rimarrebbero nelle mani del Consiglio europeo e dell’Alto rappresentante per gli affari esteri.
Tuttavia, una simile profferta da parte italiana romperebbe lo stallo e il gioco di ipocriti scaricabarile cui si assiste in Europa ad ogni tragedia, creando una cintura di Paesi più reattivi e coesi di altri nella gestione delle migrazioni da Sud. Per quanto possibile, è necessario cercare soluzioni politiche ordinate, che possano avere ragione anche dei facili demagoghi dell’ora tragica, ad un disordine che, fuori dai confini europei, non diminuirà nei prossimi mesi. L’Italia ha la stazza, ma soprattutto l’interesse strategico, per guidare la politica europea nel Mediterraneo. (Public Policy / Stradeonline.it)
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