Twist d’Aula

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ROMA (Public Policy) – A Carnevale per un paio di giorni l’Italia si maschera da “American Sniper”, salvo poi tornare a ricoprire il solito ruolo di paese attendista, buonista, terzista, dialogante. I venti di jihād che spirano dalla Libia retrocedono a teatrino il dibattito parlamentare, imponendo un nuovo profilo “istituzionale” per tutti, anche a Razzi e alla sua sublime performance canora (“famme canta’.. tira a campa’”). Evviva. Così, mentre le immagini di 21 cristiani in tuta arancione sgozzati in riva al mare fanno il giro del mondo, l’Italia si ricorda che la Libia, a due passi da noi, è in guerra civile da 3 anni. Hic sunt leones “a sud di Roma”. Invece qui noi dobbiamo ancora capire cosa sta succedendo, come siamo arrivati a questo punto, di chi è la colpa e cosa facciamo ora.

Lunedì. Nemmeno il tempo di somatizzare le parole “combattere” e “5000 soldati” pronunciate da Gentiloni e Pinotti che Renzi subito si riprende la scena spiegando che “non si passa dall’indifferenza all’isteria”. Soprattutto, pur di liberarsi dall’abbraccio interventista di Berlusconi e Salvini, annuncia “calma e gesso”. Beppe Grillo, invece, vorrebbe spedire in Libia “l’Armata Brancaleone” di Renzi&Napolitano, mentre quelli di Sel aspirano a sconfiggere le bandiere nere del califfato con i vessilli arcobaleno della pace. Auguri.

Martedì. Di primo mattino, Renzi, Gentiloni, Alfano, Pinotti e Minniti stabiliscono che bisogna agire all’interno della “legalità internazionale”, che è schizofrenia, visto che le ultime tre guerre le abbiamo fatte senza mandato Onu. Alfano prepara il viaggio alla Casa Bianca. In ogni caso all’Onu, tra i 5 Paesi con diritto di veto, c’è anche la Russia. Qualcuno dovrà parlare con Putin. Chiami tu?

Mercoledì. Alla Camera Gentiloni “il crociato” (copyright Isis) spiega che “si cerca la mediazione dell’Onu, però intanto la situazione si aggrava”, annunciando una serie di azioni con cui l’Italia potrà “assumersi responsabilità di primo piano”. Quali azioni? Cose come “monitoraggio del cessate il fuoco”; “mantenimento della pace”; “addestramento militare”; “ospedali”. Infine, Gentiloni, da cattolico reggente ministero, dice di “valutare lo sgozzamento dei cristiani”, ma “con grande attenzione”. #Braveheart. La coppia nazional-secessionista Meloni-Salvini in conferenza congiunta lancia l’allarme: tra i migranti potrebbero nascondersi terroristi islamici. Davvero? Terroristi sui barconi? No, almeno per servizi segreti e magistrati. A margine, ma non troppo, Pinotti si autosmentisce su Prodi e sulla Libia stessa (ora “non c’è un’invasione, ma un’infiltrazione”). Si attende la smentita della smentita.

Giovedì. Mentre qualche olandese devasta Piazza di Spagna il sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, vola al Cairo per parlare con Al Sisi, parafrasando Clemenceau: “se l’Italia non si occupa della Libia, la Libia si occuperà di noi”. Si rivede perfino Lady Pesc Federica Mogherini, sicura che “per la decisione Onu è questione di giorni”. Nel caso in cui l’Italia dovesse guidare la missione Onu, però, servirebbe un nome. Romano Prodi? Tutti lo vogliono, ma nessuno se lo prende (e i 101 docent). E se l’Italia, tolto il costume, torna a fare l’Italia, il Pd non può non fare il Pd. La minoranza dem sottoscrive due proposte per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Per capirne il significato prendere il vocabolario e cercare la voce “inopportuno”.

Venerdì. Dopo l’archiviazione dell’ipotesi bellica egiziana, al Palazzo di vetro si tirano le somme del vertice diplomatico. Il mandato dell’Onu non è all’orizzonte e, per adesso, la soluzione è esclusivamente politica. Renzi telefona a Merkel, ma a “nord di Roma” ci sono anche le questioni di Grecia, Ucraina e Russia. Quindi noi che facciamo intanto? Torniamo a mascherarci da guerrafondai? Ci affidiamo all’esercito egiziano? Aspettiamo? E poi? La verità è che il governo si è infilato in un vicolo cieco. Non c’era una strategia per intervenire prima e non c’è nemmeno ora, cosicché ogni annuncio diventa un ossimoro: in un territorio senza nazione, infatti, si vorrebbe creare un “governo di unità nazionale”, lì dove c’è la guerra si parla di “preservare la pace”; per fermare l’Isis, i suoi miliziani e i suoi tagliagole, poi, si punta al “dialogo”. Però, la settimana post Sanremo, invece di parlare, l’Isis preferisce cantare Antonello Venditti: “bomba o non bomba, noi, arriveremo a Roma malgrado voiii…” (Public Policy)

@gingerrosh