ROMA (Public Policy) – di Massimo Pittarello – Rimpiattino, gioco di sponda, triangolazione. Chiamatela come volete, ma la tattica con cui Matteo Renzi tenta (e spesso riesce) ad abbattere i nemici ha un ricorrente leit motiv.
Stinge la tenaglia sul suo oppositore, lo isola e lo indebolisce sfruttando ogni sua debolezza, cogliendo ogni occasione a quello avversa, alleandosi se capita anche con il diavolo e recandosi ogni volta ad un forno diverso pur di pagare il pane meno caro. E nell’Italia dei discount, dell’offerta scarsa e della domanda anemica, sta mettendo il Paese in cambusa con due lire.
Questa settimana non fa eccezione. Vincenzo De Luca, ex sindaco “sceriffo” Salerno, ha vinto le primarie in Campania per sfidare l’uscente Stefano Caldoro, ma è ineleggibile in virtù della legge Severino. Per Renzi, però, il potente (ex) comunista è scomodo e non fa certo parte del nuovo corso.
Così, invece di sostenerlo, tramite il bel megafono Maria Elena Boschi gioca di sponda, usando la Severino per contrastarlo: “le modifiche spettano al Parlamento”. Tradotto: il ras campano può invocare l’aiuto che vuole “ai gruppi dem”, ma nessuno arriverà in suo soccorso, anche perché Renzi sa che il Parlamento si muove alla velocità di un bradipo drogato. Muoia De Luca e tutti i democratici campani. Il Parlamento, ma solo per stavolta, è sovrano.
La solidarietà democratica che si è fermata ad Eboli, invece, travalica da sud a nord il Rubicone fino ad arrivare in Veneto dove, per sfidare Luca Zaia, Renzi ha scelto ‘ladylike’ Alessandra Moretti. A lei va il sostegno totale e incondizionato, e chissà che, sfruttando con le faide interne alla Lega, non riesca a vincere nella roccaforte leghista.
La stessa tattica per cui “il nemico del mio nemico è mio amico” con cui Renzi stringe effimere ma alquanto utili (per lui) amicizie quotidiane è replicata all’indomani dell’offerta di Mediaset per le torri Ray Way. Pur di tamponare l’offensiva commerciale berlusconiana, il Machiavelli 2.0 offre a Beppe Grillo un incontro per togliere la tv pubblica “dalle mani dei partiti”. L’ex comico rifiuta il rendez-vous privato, ma si fa intervistare dal “quotidiano dei poteri forti” (il Corriere della Sera) per dire che “sulla Rai sono pronto al dialogo in Parlamento”.
Un altro segnale della possibile convergenza arriva dall’approvazione al Senato delle norme sugli ecoreati con il voto congiunto Pd-5 Stelle. Torna per Berlusconi e per tutto il centro-destra l’incubo del “governo del cambiamento”. Ma, com’era un sogno per Bersani, così l’alleanza con gli ortotteri è per Renzi un gioco di specchi e di prestigio, una triangolazione con un forno alternativo a quelli già sperimentati e ormai un po’ consunti (Ncd, Forza Italia, Sel).
In poche ore il sogno/incubo rischia però di svanire sotto le parole del vicesegretario Pd, Lorenzo Guerini: “Grillo ci ha abituati a cambi di linea così repentini da generare sospetti”. Siamo al requiem? Forse, perché sia alla Camera che al Senato sul tema della giustizia governo e maggioranza si spaccano. Renzi se la prende con Alfano, Grasso con la maggioranza, il ministro Orlando con Forza Italia.
Proprio quando parte l’orgia del tutti contro tutti, Renzi decide di giocare di sponda, anzi di aereo. “Saluti a tutti, mentre voi litigate io vado da Putin a parlare di cose importanti. Ciao!” (citazione non autorizzata). Ad allargare lo sguardo sul panorama parlamentare emerge che tutta questa voglia di diverso di Renzi, tutti questi forni, questi ribattini, queste carambole e questi giochi di sponda sono i figli di un’insicurezza di fondo interna al suo partito.
All’indomani dell’elezione di Mattarella e della (dichiarata) fine del Patto del Nazareno, Bersani è risorto e la rediviva minoranza Pd è tornata a contestare ogni singolo provvedimento del governo. Basta qualche esempio. Gotor dice a Giachetti che “i suoi digiuni sono dei ricatti” (ah, Gandhi..), mentre per il bastian contrario Stefano Fassina “fu un errore entrare nell’euro e la Grecia dovrebbe uscire dall’euro” (ma lui dov’era?). Il viceministro annuncia anche che in Commissione alla Camera, sul decreto legge sulle banche popolari, “il Pd dovrebbe votare i suoi emendamenti”, anche se poi vengono approvati quelli dell’area centrista.
Ma pazienza, per la sinistra del Pd non è un problema fa combaciare le parole con i fatti. Non è un problema, visto che a guidare il partito c’è uno che #stasereno, che le parole le usa davvero bene e che si allea oggi di qua e domani di là. E poi è risaputo che a Rignano sull’Arno sono fortissimi in alcune discipline: biliardo, squash, Subbuteo. Ma anche, se serve, a battimuro. (Public Policy)
@GingerRosh