di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – Il disbrigo degli affari correnti non sarà disbrigo degli affari correnti. Ma qualcosina di più. Lo aveva lasciato intendere Mattarella nelle dichiarazioni in cui annunciava lo scioglimento delle Camere e poi è arrivata la conferma con la direttiva in cdm firmata da Draghi. E così già si prepara un nuovo decreto legge per combattere l’inflazione. Il DL Aiuti 2, dopo che sul primo è mancata la maggioranza. Ma non solo. Il governo lavorerà su inflazione, guerra, Pnrr, riforme e metterà in piedi anche la Nadef, pur senza inserire previsioni programmatiche. E’ evidente che tutto questo, oltre ad essere un ampliamento (legittimo) del tradizionale perimetro di azione di un governo dimissionario, peserà sulla campagna elettorale.
Il cdm potrà infatti emanare nuove norme, compresi atti legislativi (quindi anche decreti legge) in merito all’emergenza Covid: nuove restrizioni, green pass, vaccini influiranno pesantemente sulla vita dei cittadini. E saranno argomento, infuocato, di dibattito tra i partiti. Draghi parteciperà poi ai vertici Onu, Ue, Nato, G7 e G20, ribadendo la linea atlantista. E vedremo come reagiranno coloro che non sono d’accordo, da Salvini a Conte. Possibile che la frattura tra chi vuole difendere l’Ucraina e chi invece ambisce ad un ambiguo neutralismo possa emergere con ancora maggiore chiarezza. Non solo: il governo potrà esaminare tutto ciò che è collegato all’attuazione del Pnrr allo scopo di riuscire a rispettare le scadenze assunte con Bruxelles, pena la perdita di due rate di finanziamenti (da 21,8 miliardi al 31 dicembre e da 18,4 miliardi al 30 giugno 2023).
Ora, il regolamento per l’erogazione dei fondi prevede che ci possano essere proroghe per circostanze eccezionali. Come, per esempio, la campagna elettorale. Dovrebbero passare 18 mesi di inattività per essere esclusi. Tuttavia la decisione di Quirinale e Palazzo Chigi, con l’appoggio delle cancellerie europee e di Bruxelles, è chiudere tutto il possibile prima del cambio di governo. Nei 65 giorni di campagna elettorale e negli almeno 40 successivi (ma potrebbero essere molti di più), oltre a decreti attuativi, ministeriali e bandi collegati al Recovery, l’esecutivo continuerà a lavorare su tutte le riforme già in cantiere. Che sono politicamente delicate. Per il ddl concorrenza, per esempio, saranno necessari 7 decreti legislativi e 4 decreti ministeriali. Lo stesso vale per ciò che attiene a processo civile e processo penale. E sulla giustizia c’è sempre una bomba pronta ad esplodere.
Il Consiglio di Stato continua poi a lavorare alla revisione del Codice Appalti. Resta aperto il nodo delle nomine – su cui non è chiaro fin dove ci si possa spingere – mentre i dossier sul fisco, Mps e Alitalia potrebbero essere congelati. Sarà interessante capire che cosa accadrà sulla cessione dei crediti edilizi, pomo della discordia su cui sarebbe doveroso correggere la rotta. Insomma, l’impostazione è quella di lasciare Draghi al timone, suo malgrado e malgrado le dimissioni, il più a lungo e il più libero possibile.
Tuttavia non è detto che tutto filerà secondo i piani. Tra chi è in vacanza, chi in campagna elettorale e chi ha abbandonato la nave perché sa che non verrà rieletto, non sempre in Parlamento si raggiungerà il numero legale per discutere i provvedimenti e per la conversione dei decreti legge. Inoltre, come accade per le missioni all’estero, serve il consenso in Consiglio dei ministri. E’ vero che lì siedono i “governisti” delle varie forze politiche, a partire da leghisti e 5stelle (per una chiara strategia impostata da Draghi 18 mesi fa), ma non si possono escludere trappole e veti da campagna elettorale. Tanto più che la crisi era preparata da tempo.
Qualcuno dice che se avesse fatto un discorso meno rigido, Draghi avrebbe portato a casa la fiducia. Tuttavia l’immediato intervento del capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, quando ancora a casa Berlusconi erano all’aperitivo, dimostra che la strada era già tracciata. Probabilmente a Draghi non dispiace. E probabilmente con questo disbrigo degli affari correnti si potrà fare molto più di quello che si pensava possibile. Ma naturalmente norme sul Covid, proroga dei bonus, riforme sulla concorrenza influiranno sul voto. Per adesso job not finished. Poi, con le elezioni, si vedrà.(Public Policy)
@m_pitta