di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – Erano le prime Considerazioni finali di Fabio Panetta, colui che Meloni avrebbe voluto come ministro dell’Economia, tra l’altro a qualche giorno dalle elezioni europee del 9 giugno. Per cui era davvero alto il rischio che l’intervento del Governatore di Bankitalia finisse nell’agone della campagna elettorale. Allora, fin da giorni precedenti Palazzo Koch aveva fatto sapere che non sarebbero arrivati messaggi politici. E nel testo non sembrano esserci. Tuttavia, a leggere in filigrana l’intervento, dietro il consueto rigore delle analisi elaborate a Via Nazionale, e pure nella solenne occasione dell’Assemblea Annuale, i messaggi ci sono eccome.
Più volte viene rimarcato come l’Italia non stia facendo poi così male: “Una ripresa superiore alle aspettative”, “bilancia commerciale positiva”, “la nostra manifattura è la più automatizzata”. E simile è la posizione del Governatore su banche, imprese, sulla “forte espansione degli investimenti nazionali”, non solo in edilizia e nonostante un calo di quelli diretti esteri. Una nota positiva anche sulla velocità della giustizia e sulla digitalizzazione della PA. Tanto che nelle conclusioni si arriva a dire che “una inversione di tendenza è possibile”. Insomma, nessun catastrofismo. Anzi, fiducia. Con l’idea di un Paese che “può farcela”. Perché in fondo la traiettoria tracciata in questi anni va bene. Quindi, anche l’operato di questo Governo.
A pensar male si fa peccato, ma spesso Meloni ha (giustamente) ribadito quanto la situazione economica globale sia difficile. Panetta apre il suo intervento sottolineando che la crescita mondiale sarà inchiodata al 3% fino al 2030, ben al di sotto dei livelli degli anni precedenti. Viste, le difficoltà del commercio internazionale, Panetta suggerisce di rivedere le catene di fornitura internazionale. Meloni ha più volte parlato di nearshoring e reshoring. Panetta ipotizza un aumento della domanda interna europea per ridurre la dipendenza dall’estero, Meloni ha più volte suggerito una maggiore autonomia economica dell’Unione. Altri parallelismi si possono poi trovare sull’emissione di debito comune, sui tempi e le modalità di riduzione dei tassi, sulla produttività. Ma è su alcuni singoli argomenti che si può leggere forse più chiaramente una sorta di sponda argomentativa di Via Nazionale e Palazzo Chigi.
Sul rinnovo del Patto di Stabilità, per esempio, diversi esponenti del Governo avevano accolto con favore la sua definizione, nel dicembre scorso, salvo poi ritrovarsi il voto contrario di Lega e Forza Italia e l’astensione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo. Curioso che Panetta sul tema dica che “la recente riforma… non ha segnato particolari progressi”, e che senza un bilancio comune si rischiano “regole europee sbilanciate verso il rigore”. Insomma, una critica non troppo velata ai vincoli imposti da Bruxelles. Senza tuttavia voler mettere in difficoltà il governo, che quella riforma l’ha sottoscritta “le nuove norme contengono nondimeno aspetti innovativi coerenti con la crescita”, e “dipende da come saranno applicate”. Insomma, la linea di credito è aperta.
Una sovrapposizione tra i contenuti della Relazione e le posizioni della premier si può leggere anche su altri temi. Panetta sostiene che bisogna assistere la famiglia e le nascite aiutando le donne lavoratrici; qualcuno ricorda le dichiarazioni di Meloni sulle donne in carriera con figli? Per Panetta, nonostante il record storico, in Italia il tasso di occupazione è 10 punti in meno della media Ue, per cui si lavora poco; quando Meloni ha cancellato il Reddito di cittadinanza ha sostenuto che quello che bisogna incentivare è il lavoro, non l’assistenzialismo. “Bisogna creare un ambiente che favorisca l’assunzione di rischi imprenditoriali” ha detto; “questo governo non vuole disturbare le imprese” disse Meloni. E ancora, “sono necessarie scelte attente soprattutto dal lato di riduzione della spesa” by Panetta il 31 maggio; “la mia priorità è la riduzione della spesa” by Meloni in conferenza stampa il 4 gennaio 2024.
Certo, Panetta fa anche presente “i vincoli alla concorrenza che in molti settori creano rendite di posizione e limitano gli accessi a nuovi operatori”. E non si può non pensare a quelle categorie che questo governo tiene in considerazione come balneari, taxi, ambulanti. Ma insomma, difficile trovare un economista che dica il contrario di quello che scrive Panetta. E, soprattutto, basta scorrere qualche riga perché l’ipotetico idem sentire tra Chigi e Koch torni a farsi vedere: “contare in Europa”, dice Panetta nelle ultime righe della sua Relazione, per “un Paese con la nostra storia, le nostre risorse, la nostra potenzialità”. Se avesse scritto “Nazione” al posto di “Paese” sarebbe stato davvero troppo. (Public Policy)
@m_pitta