Twist d’Aula
Manovra, le tre convulse notti del suq

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Doveva andare meglio. È andata molto peggio. Il bilancio sulla legge di Bilancio, infatti, è negativo. Al di là del merito, dei finanziamenti a pioggia o degli interventi settoriali che la recente riforma non consentirebbe, la manovra da 1247 commi approvata, presenta diverse lacune sotto un profilo procedurale.

Il presidente della commissione, relatore e fautore delle nuove regole, Francesco Boccia, lo aveva ammesso anche all’inizio del passaggio a Montecitorio (“il testo non è in linea con le nuove regole”). E adesso definisce quest’assalto alla diligenza come il peggiore degli ultimi 30 anni. La relatrice di Palazzo Madama, Magda Zanoni, si era addirittura assunta la responsabilità di “ripensare dal punto di vista tecnico la legge”.

In effetti, la manovra era partita come “minimale” nelle intenzioni, ma poi, complice il clima da campagna elettorale e l’assenza del Milleproroghe, si è trasformata in tutt’altro. Prima il parallelo decreto fiscale ha consentito l’inserimento formalmente legittimo di disposizioni ordinamentali che in teoria dovrebbero essere escluse. Norme locali e localistiche, come costantemente documentato da Public Policy, sono tuttavia entrate fin dall’inizio. E sono aumentate nel corso dell’esame, in barba a vecchie e nuove regole.

Per alcune, come per la raccolta delle firme per le liste o l’inserimento della Tap tra le opere strategiche (anche se quest’ultima è ancora “misteriosa”), il destino è stato deciso da interessi individuali. Per altre, come quelle sui notai, sull’equo compenso, sul servizio universale delle Poste, sugli ambulanti (e qui è interessante il confronto con il caso romano “Tredicine”) o sulle spiagge, da ragioni di categorie. Questa volta in barba ad Antitrust o alla legge “annuale” sulla concorrenza.

In fondo, nulla di nuovo. Ma il problema è che questo è avvenuto nonostante le regole siano cambiate. Per dare un’idea, la norma sulla vendita sulle sigarette elettroniche scritta nel decreto fiscale è stata modificata prima nella legge di conversione e poi rivoluzionata, nemmeno due settimane dopo, nella legge di Bilancio.

Una schizofrenia legislativa testimoniata dal fatto che i destini della legge più importante dello Stato vengano decisi in tre convulse notti a Montecitorio. Notti in cui, per esempio, per il governo si alternano senza perfetta coordinazione Baretta e Morando, in cui l’esame degli emendamenti non segue nessun ordine logico, in cui vengono riformulati e votati testi già approvati, in cui volano fogli e foglietti e cartacei, in cui manca la forma elettronica e in cui le nuove regole sui “segnalati” mandano tutti in confusione.

Certo, ci sarebbe da entrare nel merito delle novità su pensioni, caregiver, taglio del cuneo, rinnovo dei contratti della PA, bonus bebè, molestie nei luoghi di lavoro, web-tax, non-spending review della Regione Sicilia, i 150 milioni all’anno agli insegnanti precari e i 250 per Polizia e Vigili del Fuoco, sulle deroghe alle assunzioni concesse alla Rai, i finanziamenti alle strade provinciali e a tanto altro.

Ma, nell’attesa di un testo coordinato, quello che emerge è che tutte queste norme, siano esse positive o negative, vengono negoziate come fossimo in un suq. Senza tempo, metodo, chiarezza, è naturale che il risultato non sia eccelso. Tanto è vero che per le troppe mance (“assenza di coperture per 290 milioni”, hanno denunciato i 5 stelle), ad un certo punto la manovra è dovuta tornare indietro in commissione Bilancio.

Poi l’approvazione con la fiducia. Ovvia, sia l’approvazione sia la fiducia. Meno ovvio che una manovra che nata come minimale nelle intenzioni, nelle regole e negli annunci, sia passata da 20 a 27,8 miliardi. Per far fronte a 5,5 miliardi di spese indifferibili, vengono mobilitate risorse per 16,9 miliardi di cui 11 in deficit. Adesso si chiude e poi in primavera sii va al voto.

Ma in primavera ci sarà anche il giudizio della Commissione europea. Sulla manovra, sul deficit e sul debito e sulle regole che potremmo non aver rispettato. Intanto, i bond decennali di Portogallo e Irlanda si vendono meglio del nostro Btp. Auguri di buone feste che ci rivediamo l’anno prossimo. (Public Policy)

@GingerRosh