Twist d’Aula – Meloni, cambiare per non morire

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – I soliti allarmisti avevano perfino paventato una riedizione della Marcia su Roma. Piuttosto, da quando Meloni è a Palazzo Chigi, a Roma si sono viste solo tante retromarce. Ed è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, ma a mettere in fila le volte in cui il Governo ha invertito la rotta la lista si fa incredibilmente lunga. Ma questo, quasi per eterogenesi dei fini, potrebbe non essere negativo né per l’economia del Paese, né per il consenso di cui gode la presidente del Consiglio.

L’ultimo dietrofront in ordine di tempo è quello sulle concessioni balneari, con l’emendamento al Milleproroghe che ne cancellava la scadenza a fine anno che è stato ritirato. C’è poi la questione delle accise sulla benzina, che Meloni aveva promesso di eliminare o quantomeno di ridurre, e che invece restano immutate. A cui si aggiunge il passo falso verso i benzinai. Comunque, in questi cento giorni ci sono state inversioni a U sul Pos, sul Mes, sulle cartelle esattoriali, sullo scudo penale, su Opzione Donna. E non solo. Indietro nel tempo c’è stato anche il “no” alle trivelle nel 2016 e perfino posizioni no euro nel 2014. Tuttavia, i sondaggi dicono che tutte queste retromarce non impattano il consenso di Fratelli d’Italia. Anzi. Per avere un termine di paragone si guardi ai 5 stelle che, pur avendo abiurato ad ogni loro principio (salvo uno, il Reddito di cittadinanza) mantengono un consistente apprezzamento nel Paese.

Tornando a Meloni è evidente che nel voto del 2022 ha allargato il perimetro del proprio elettorato sia verso il mondo imprenditoriale del Settentrione (che ha sottratto alla Lega) che, trasversalmente, a diversi segmenti sociali del Centro e del Meridione. Per questo, più che la soddisfazione ai propri ristretti ambienti tradizionali da conquistare tramite una rigorosa coerenza da hobbit, la premier sa che deve parlare ad un pubblico più ampio, perché è su quello che poggia la sua presenza a Palazzo Chigi. Per cui si cambia per non morire. Anche a costo di rompere vecchie amicizie (vedi il ‘commissariamento’ di Fabio Rampelli a Roma), di invertire il suo atteggiamento verso Bruxelles o di “usare” Mario Draghi come consulente. Si tratta di contraddizioni, di inversioni di rotta, di autosmentite che evitano problemi sui conti pubblici, l’isolamento internazionale del nostro Paese, il prevalere di ricette populiste dalle conseguenze imprevedibili.

Sul piano economico potrebbe dunque configurarsi una doppia linea: da un lato “conservativa”, che cioè non esce dai binari e mantiene in sicurezza i conti; dall’altra “conservatrice”, poiché più orientata a tutelare gli interessi di crescita delle imprese che alla ad un welfare generalizzato (come dimostra la sforbiciata al Rdc). In ogni caso, bisogna capire se oltre ad essere “conservatrice” Meloni sarà anche liberale. Se, cioè, riuscirà a spostare la tradizione della destra italiana da corporativa e statalista verso posizioni più aderenti ai principi della concorrenza, della competizione, del mercato. Cioè alle posizioni europee.

La vicenda dei balneari sarà un importante banco di prova, da cui si potrà capire la direzione che prenderanno partite determinanti che si giocano a Bruxelles, (la revisione del Pnrr, il Patto di stabilità, gli aiuti di Stato, la politica industriale europea). Dopo aver tenuto la barra dritta sui conti, insomma, serve dare una direzione. Dopo aver gestito le scadenze obbligate, di quale contenuto verrà riempita l’Agenda Meloni? E a quale parte di imprenditoria parlerà? Perché c’è differenza tra gli interessi delle poche grandi aziende rimaste, quelli delle “multinazionali tascabili” e quelli, elettoralmente rilevanti, delle pmi, che rappresentano il 95% del tessuto imprenditoriale. E queste, in particolare, hanno un problema con il fisco. Chissà che su quello Meloni non provi a “marciarci”. (Public Policy)

@m_pitta

(foto cc Palazzo Chigi)