Twist d’Aula – Tempi moderni e vecchia Europa

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – A certe lentezze è difficile abituarsi. Sono sinonimo di inefficienza, di risultati deludenti anche quando i contenuti sono giusti. Le (non) decisioni dell’Unione europea sulla pandemia hanno reso infatti più vulnerabili tutti i Paesi del Vecchio Continente. La Gran Bretagna fresca di Brexit, invece, è molto più avanti nella campagna vaccinale. Alla seconda riunione dell’ultimo Consiglio europeo, Mario Draghi ha spinto sul Green Pass, sulla possibilità di mischiare i vaccini tra prime e seconde dosi, sul tabù dei brevetti. Su alcune azioni concrete. Ma non basta. In tema migranti, ad esempio, Italia, Spagna, Grecia e Malta si trovano isolate, con meno potere decisionale e maggiori problemi rispetto a quelli che avrebbero se agissero da sole.

Eppure, per l’Unione europea c’è speranza. Poche settimane dopo il crack della Lehman Brothers la Fed intervenne con una politica monetaria eccezionalmente espansiva. La Bce, invece, ci mise qualche anno, con effetti disastrosi sull’economia. Fu necessario un cambio al vertice dell’Eurotower (da Trichet a Draghi), ma soprattutto la conversione alla “solidarietà” di Berlino e Parigi, ormai consapevoli che lasciare perire i debitori sarebbe stato più costoso che aiutarli a rimanere in vita. Ma erano passati quasi quattro anni e la crisi finanziaria si era già trasformata in crisi dei debiti sovrani. Questa volta invece è stato diverso.

A parte lo scivolone della neogovernatrice di Francoforte, Christine Lagarde (“we are not here to close spreads”) subito smentito, le uniche istituzioni veramente europee sono intervenute massicciamente. In primo luogo la Bce, ha che nel solo 2020 ha stanziato 1.100 miliardi di acquisti aggiuntivi (750+210+140), oltre ad aver rimosso tutti i vincoli all’acquisto di bond (la durata, il capital key, il rating dei bond). La Commissione ha sospeso il Patto di Stabilità e la norma sugli aiuti di Stato. Più lento, invece, il Consiglio d’Europa, che è di matrice intergovernativa. È vero, c’è il Next Generation Eu, ma ci sono 13 anche Paesi che lo devono ancora ratificare. È ovvio che così diventa tutto più lento, farraginoso, difficile.

Da decenni ormai i Paesi di tutto il mondo hanno adattato le loro forme di governo a tempi più veloci, resi più rapidi dalle innovazioni nei trasporti, nelle comunicazioni e nell’informatica. Qualcuno costituzionalmente, come per esempio la Francia nel 1958, qualcun altro solo nei fatti, come invece l’Italia. La classica divisione dei poteri, in particolare la separazione tra legislativo ed esecutivo, è andata sfumando fino quasi a scomparire (solo in questa legislatura, su 188 leggi approvate, solo 37 sono di iniziativa parlamentare). L’Europa è rimasta a metà del guado. Ma senza attraversarlo è assai probabile che anche i passi compiuti fino a qui si rivelino vani, travolti dalla corrente. Non basta Mario Draghi. Speriamo non debba servire un ulteriore crisi, come accade sempre, per fare un ulteriore passo avanti. (Public Policy)

@m_pitta