(Public Policy) – Roma, 8 apr – (di Aroldo Barbieri) La “politica” italiana si rimette in moto nella settimana che prende atto del drammatico salto all’indietro della società e dell’economia italiane, e una situazione drammatica dell’occupazione (secondo gli ultimi dati Istat all’11,6% e al 37,8% tra i giovani 15-24 anni).
L’evento più importante potrebbe essere (il condizionale è d’obbligo) l’incontro tra Bersani e Berlusconi, in vista di un compromesso imposto dal risultato elettorale, ma più ancora dalla condizione di debolezza dei due, del primo per aver privilegiato sin qui l’unità del partito, onde evitare quella che per il PD più tradizionalmente legato al passato è una vera e propria ossessione: il pericolo dello scavalco a sinistra, che Bersani ha ritenuto di poter sterilizzare con l’alleanza con Vendola. Com’è noto le ultime elezioni hanno visto però prevalere non la sinistra, ma la protesta.
Per parte sua, Berlusconi ha chiaro il pericolo rappresentato per lui nell’immediato dall’impossibilità di un salvacondotto (giuridicamente impercorribile), che lo spinge a privilegiare un Presidente della Repubblica che attraverso la “moral suasion” possa garantirlo dall’assalto dei giudici (e qui la migliore garanzia potrebbe offrirgliela Violante), forse ha meno chiaro quello maggiore: ovvero che Matteo Renzi gli svuoti l’elettorato, costituendo dall’interno del Pd il “centro”, da sempre vincente in Italia.
Non a caso non solo il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca è sceso in campo, candidandosi alla dirigenza del Pd (per rafforzare l’ala sinistra in contrapposizione a Renzi, anche se l’interessato lo nega), ma il segretario dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha dichiarato che nel futuro (prossime elezioni) dovrà schierarsi, ammettendo di aver calcolato male. Casini ha sbagliato, l’ha ammesso lui stesso, nello spingere Monti a “salire in politica”, con il solo effetto di bruciarlo, senza giovare alle proprie ambizioni.
Ma sin qui siamo solo alla tattica, la strategia vorrebbe altro e la strategia non può prescindere dall’oggi, ma anche dall’esame delle radici e del futuro che ci attende. La gravità della situazione è tale che l’Italia ha bisogno di superare i contrasti di posizione e realizzare un confronto sui fatti (è quel che dice anche Barca, ma non ci sono già i “saggi” in vista di un Governo di scopo, che fatta la legge elettorale porti a nuove elezioni ?).
Ora i fatti dicono che il mondo si interroga sulla tenuta dell’euro, sulle scelte dell’Europa egemonizzata da Frau Merkel. L’Italia è parte di questo gioco, perché per ora “troppo grande per poter fallire”, diversamente da quanto avvenuto sin qui per Grecia e Cipro, e in parte per Irlanda, Portogallo, Spagna. Lo è perché ottava al mondo per dimensione economica (una volta si discuteva se occupassimo il quinto o il sesto posto) e prima per debito pubblico, ma la preoccupazione sarà minore se l’Italia reale arriverà al livello di quella “politica”, ovvero “in sedicesimo”. (Public Policy) ABA