ROMA (Public Policy) – La commissione Esteri alla Camera ha concluso l’esame della pdl di iniziativa popolare su trattati internazionali, basi e servitù militari, approvando – la settimana scorsa – due emendamenti proposti da Andrea Manciulli (Pd) e “interamente” soppressivi della proposta incardinata in commissione il 4 agosto scorso su sollecitazione del Movimento 5 stelle.
La commissione ha rimandato la discussione finale in Assemblea, approvando la proposta di affidare il mandato al relatore di riferire in senso contrario.
Manciulli ha tenuto a evidenziare che “il vero nodo al centro della riflessione” è la “contrarietà all’appartenenza dell’Italia alla Nato”, aggiungendo che “l’obiettivo del provvedimento è fornire argomenti all’opzione del recesso unilaterale da parte del nostro Paese rispetto alla Nato, opzione assolutamente rischiosa soprattutto nell’attuale contesto internazionale” e quindi “che non si tratta di aderire ad una visione acritica sulla Nato, ma di evitare di porre in discussione la sopravvivenza dell’Alleanza”.
COSA PREVEDEVA LA PDL La proposta, composta da 13 articoli e suddivisa in due titoli – trattati militari e basi, caserme e installazioni – prevedeva che tutti i trattati e gli accordi internazionali di tipo militare, anche solo di ricerca, a cui l’Italia partecipasse, dovessero essere ratificati dal Parlamento, vietando la ratifica degli accordi segreti e l’obbligo di rendere pubblici quelli eventualmente esistenti; il divieto assoluto di autorizzazione alla ratifica di ogni accordo militare che preveda la guerra di aggressione e ratifica entro un anno dalla data di entrata in vigore e la revoca di quelli non ratificati.
E ancora: la riconversione delle basi militari in basi civili, stabilendo, tra le altre cose, il limite di 10 anni per ogni struttura militare già esistente; l’adeguamento delle strutture militari esistenti alla normativa di tutela ambientale (con parere favorevole degli enti locali); la sospensione dei progetti in corso di nuove installazioni militari o ampliamenti di basi militari esistenti (anche in deroga ad accordi internazionali sottoscritti dall’Italia).
La pdl vietava inoltre l’impiego di strutture civili, porti, aeroporti, ferrovie per scopi militari compreso il passaggio di armamenti e truppe per missioni fuori confine.
“DATATA RADICALITÀ” Durante la discussione della pdl, Manciulli ricordava come su un piano generale le previsioni normative fossero in contrasto con il principio consuetudinario del diritto pacta sunt servanda e come incidesse direttamente sulla operatività di obblighi internazionali assunti dall’Italia.
Ricordava, inoltre, come la Cassazione, sulla compatibilità tra Nato e Costituzione, nella sentenza n.1920 del 1984 avesse ritenuto la Nato un’alleanza difensiva e perciò non in contrasto con l’articolo 11 che ammette l’uso della forza in legittima difesa, ricordando come il principio di legittima difesa fosse riconosciuto dalla Carta Onu per garantire la ‘giustizia’ tra le nazioni.
Inoltre, la Corte di Cassazione aveva ricordato, sulla potestà Stato-Regioni, che l’articolo 117 della Costituzione prevede, tra gli altri, il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e che, diversamente da quanto riportato nella formulazione della pdl, il Parlamento non ratifica, ma autorizza con legge la ratifica dei trattati internazionali, perché la ratifica è di competenza del presidente della Repubblica.
Manciulli, infine, riteneva che la proposta evidenziasse una serie di pesanti criticità sotto il profilo costituzionale, anche oltre la datata radicalità della ratio che la ispira”, anche oltre la “datata radicalità della ratio che la ispira” e l’approssimazione del lessico giuridico che “sembra sottendere una scarsa cultura della legalità internazionale che ne impedisce l’utilizzo anche soltanto come base di discussione per un utile confronto politico tra maggioranza ed opposizioni sull’avvenire dell’Alleanza atlantica e il ruolo che può svolgervi il nostro Paese”. (Public Policy) ZIT-IAC