VERSO IL VOTO, ‘FARE’: VOLUME DI AFFARI DI INTERNET PARI A 30 MILIARDI DI EURO

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(Public Policy) – Roma, 20 feb – L’economia di internet
genera in Italia, ogni anno, circa 30 miliardi di euro di
affari, pari a circa il 2% del Pil nazionale. Il dato è
contenuto nell’Agenda digitale presentata da Fare per
fermare il declino, partito fondato da Oscar Giannino.

Internet – si legge – produce un valore aggiunto se si
considerano altri aspetti, non inclusi in senso stretto nel
calcolo del Pil, come l’e-commerce effettuato dalla Pa, gli
acquisti generati da consultazioni su Web, la pubblicità
online e l’e-commerce business to business tra aziende.
Il valore complessivo della ricchezza generata dal web,
secondo il Boston consulting group (Bcg), ammonterebbe a
circa 56 miliardi di euro, quasi il 4% del Pil nazionale.

Uno studio della Ue, spiega Fare, suggerisce che il pieno
sfruttamento delle potenzialità di internet può incidere
significativamente sulla produttività del lavoro. Si stima
che il mondo del web abbia generato in Italia circa 700 mila
posti di lavoro. Inoltre, internet aiuta le imprese
nell’esportazione dei prodotti. Le piccole e medie imprese
(Pmi) che sono andate online, infatti, hanno maggiore
successo di vendere i propri prodotti “Made in Italy”
rispetto a quelle che non hanno fatto questa scelta.

LA BANDA LARGA
Fare traccia un quadro generale sulla situazione italiana
in merito alle infrastrutture tecnologiche, offerta
concorrenziale di prodotti e servizi e cultura digitale dei
consumatori.

L’Italia, rispetto agli altri Paesi occidentali, è agli
ultimi posti per disponibilità di banda larga fissa, oltre
che per velocità di connessione (primato negativo in
assoluto tra i Paesi Eu27). Inoltre, il divario nello
sviluppo della rete a banda larga veloce, rispetto agli
altri competitors, è peggiorato negli ultimi anni.

CULTURA DIGITALE ITALIANA SCARSA
Forti criticità – afferma Fare – si sono riscontrate anche
nel tessuto culturale e educativo. Gli italiani non
eccellono nelle Ict skills (abilità sulle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione). Il ruolo della
scuola, come motore di istruzione digitale, sembra essere
rilevante negli altri Paesi, meno purtroppo in Italia.

Nelle aule delle scuole italiane si stima che ben il 90% dei
contenuti viene ancora fruito sotto forma cartacea. Lo
stesso mercato del lavoro percepisce come insufficienti le
competenze tecnologiche acquisite dai cittadini italiani.
Inoltre, la Ue stima in un 39% la quota di popolazione che
non ha mai avuto accesso al web contro una media Ue27 pari
al 24%.

E-GOVERNMENT, LA DIGITALIZZAZIONE NELLA PA
L’utilizzo in Italia di servizi di e-government – si legge
nell’Agenda – risulta inferiore rispetto ai Paesi Ue27.
L’offerta della Pa di servizi al cittadino digitalizzati e
dematerializzati “è in grave ritardo: basta guardare il
Processo civile telematico o la digitalizzazione sul fronte
penale, processi che stentano entrambi a decollare”.

L’utilizzo delle tecnologie per rendere la Pa trasparente
ai cittadini – continua Fare – fatica ad essere
una pratica utilizzata assiduamente e diligentemente dalle
amministrazioni pubbliche.

Il 98% dei Comuni italiani è oggi dotato di un sito web e
il 77% di questi siti prevede una sezione Trasparenza ma
solo in rarissimi casi le informazioni inserite sono davvero
rilevanti per il cittadino ed aggiornate in tempo reale.

LE TRANSAZIONI ONLINE DEL CONSUMATORE
Il mercato dell’e-commerce Business to consumer in Italia –
sottolinea Fare – vale circa 8 miliardi di euro, ammontare
che corrisponde a circa un sesto di quello inglese (50,9
miliardi di euro nel 2011) ed un quarto di quello tedesco
(34,1 miliardi di euro nel 2011).

Nonostante un tasso di crescita a doppia cifra (circa +20%
negli ultimi anni), il divario con le maggiori economie
mondiali stenta a ridursi. In particolare, l’abitudine ad
effettuare acquisti online o realizzare vendite attraverso
il web (ad esempio eBay) è inferiore rispetto agli altri
Paesi Eu27.

I dati Eurostat evidenziano che solo il 15% dei cittadini
italiani ha effettuato un’acquisto online contro una media
Eu27 pari al 40%.

Anche il mondo delle imprese, secondo le analisi riportate
da Fare, fatica a vedere internet come un canale
privilegiato di acquisto di prodotti e servizi: a fronte di
una media Ue27 del 26% solo il 17% delle Pmi italiane
effettua acquisti online. Il divario risulta ancora più
significativo se si considerano le Pmi che vendono online
(4% contro una media dei Paesi Eu27 che è più del triplo,
cioè pari al 13%).

Tra i principali motivi di diffidenza espressi dai
consumatori ci sono la sicurezza delle transazioni e la
logistica. Queste motivazioni non sono giustificate, però,
da fatti reali (ad es. le frodi sulle carte di credito sono
molto più numerose sugli acquisti offline), ma sono, invece,
maggiormente legati ad una percezione errata del consumatore
od alla scarsa informazione fornita dai fornitori di
prodotti e servizi. (Public Policy)

DAP