Verso le Europee: il duello a destra

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – L’avvicinarsi delle elezioni europee scatena gli animal spirits presenti all’interno delle coalizioni, con i partiti tesi a massimizzare il proprio risultato in virtù del sistema elettorale proporzionale. La propensione è marcata anche a destra, nella coalizione di governo, dove i tre partiti principali appartengono a tre gruppi parlamentari diversi all’Europarlamento (Forza Italia – Ppe; Lega – Identità e democrazia – Fratelli d’Italia – Ecr).

Spicca, in particolare, la competizione fra Fratelli d’Italia e la Lega, osservava il professor Marco Tarchi qualche mese fa: “Fra i conservatori dell’eurogruppo di Meloni e i nazional-populisti di Identità e democrazia c’è un’evidente concorrenza, e anche nel recente passato non sono mancati colpi bassi, con il passaggio all’Ecr di partiti in precedenza legati a Le Pen e soci: i casi svedese e finlandese, ovviamente favoriti dalla guerra russo-ucraina, ne sono un esempio. Il progetto di Meloni di avere, nel 2024, una massa d’urto tale da poter varare nel parlamento di Strasburgo una Commissione di centrodestra, imponendo un’alleanza al Ppe, ha subìto una dura battuta d’arresto con la sconfitta del PiS in Polonia, e continua a scontrarsi con i veti di più d’uno dei partiti aderenti al gruppo dei popolari. In questa situazione di stallo, un successo – probabile, visti l’exploit olandese e i sondaggi in Francia e in Germania – dei populisti alle europee potrebbe provocare un riflusso di adesioni a loro vantaggio e mettere Meloni in difficoltà nel suo stesso campo”.

La convention di Vox che si è appena conclusa a Madrid potrebbe rappresentare un punto a favore dei conservatori nella gara con i sovranisti. Meloni, che guida anche i conservatori e riformisti europei, sta facendo proselitismo alla ricerca di un modo per allargare il proprio gruppo. Da tempo la presidente del Consiglio (presente con un videocollegamento) e Marine Le Pen, leader di Rassemblement National (in presenza in Spagna), stanno valutando le loro affinità e nel fine settimana sono arrivate delle aperture: con Meloni “ci sono punti in comune”, ha detto Le Pen: “Non c’è dubbio che ci siano delle convergenze per la libertà dei popoli che vivono in Europa”.

C’è da dire però che “libertà” ha molti significati e non è detto che per la destra francese e quella italiana vogliano dire la stessa cosa. In più Le Pen ha un nemico, come il resto dei sovranisti europei, che Meloni al momento non ha: Ursula von der Leyen. La presidente uscente della Commissione europea è alla ricerca di una conferma per la prossima legislatura. Meloni ha dimostrato di avere un ottimo rapporto con lei in questi anni e quando deve prendersela con qualcuno in Europa attacca soprattutto i socialisti. Le Pen invece no. Una questione non esattamente secondaria. Giova ricordare, al di là delle parole gentili della leader francese in trasferta in Spagna, che cosa ha detto ad aprile proprio sul rapporto fra Meloni e von der Leyen: “Ci batteremo con tutte le forze possibili per impedire un secondo mandato di von der Leyen. Un messaggio per Giorgia: sosterrai o no un secondo mandato di von der Leyen? Io credo di sì. Voi dovete la verità  agli italiani, dovete dire cosa farete. A destra il solo candidato che si opporrà a von der Leyen è Matteo Salvini”.

La scelta dello spitzenkandidat aumenta infatti le differenze fra i tre partiti italiani di destra: il Ppe punta su Ursula von der Leyen, attuale presidente della Commissione europea, sostenuta da una maggioranza di popolari e socialisti, sulla quale però c’è il no assoluto, granitico, di Matteo Salvini e soci. In mezzo a queste incertezze, tuttavia, spicca la vitalità della destra sugli altri schieramenti. Visibile nei sondaggi e non solo. Giovanni Orsina su La Stampa ha notato che con la convention del fine settimana la destra globale “ha potuto legittimamente celebrare la propria forza”.

D’altronde le proiezioni di Europe Elects sui sondaggi di aprile dicono che alle elezioni europee, rispetto alla composizione odierna, il gruppo dei Conservatori dovrebbe guadagnare venti seggi e quello di Identità e democrazia – cui appartiene la Lega – ventidue, mentre Verdi e Liberali dovrebbero perderne rispettivamente ventiquattro e quindici.

“Ma la politica non è soltanto aritmetica, e ci sono almeno due ragioni ulteriori per le quali l’ostracismo nei loro confronti si sta visibilmente e rapidamente sgretolando”, ha detto Orsina: “La prima ragione è proprio la Russia. L’Unione europea, molto semplicemente, non può permettersi di non mobilitare ogni possibile risorsa politica interna nel momento in cui si trova ad affrontare una sfida esistenziale esterna. Lo ha detto con chiarezza qualche giorno fa il presidente del Consiglio europeo, il liberale Charles Michel: con le forze di destra che hanno preso una posizione pro-Ucraina si potrà e dovrà parlare. È ben possibile allora che nel prossimo Parlamento l’attuale divisione fra Conservatori e Identità e democrazia sia destinata a esser ripensata, in pro di una nuova articolazione che, sulla base delle scelte di politica estera, separerà una destra che partecipa al gioco da una che ne è esclusa”.

La seconda ragione è che, “di fronte alle molteplici sfide della nostra epoca, è in corso un ripensamento ampio e diffuso su priorità e meccanismi dell’integrazione europea. A riconsiderare l’Europa è stata innanzitutto la destra, e anche per questo è diventato più difficile demonizzarla: con l’eccezione dei tedeschi di Alternative für Deutschland, da quelle parti nessuno parla più di uscire dall’Unione – semmai di cambiarla e rafforzarla”. Con la destra, insomma, tutti – anche i più scettici – dovranno fare i conti. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)