di Viola Contursi
ROMA (Public Policy) – Sollecita il completamento dell’Unione bancaria europea e della creazione di un back stop Ue per le crisi bancarie. E sulla situazione della finanza italiana dice: la vigilanza c’è e ha funzionato ma bisogna rafforzarla, con una collaborazione più forte tra Bankitalia e Consob e con più poteri a Palazzo Koch. E, per i consumatori, servono prospetti riepilogativi degli strumenti finanziari chiari e semplificati.
A parlare, in una chiacchierata con Public Policy, è Antonella Dragotto, direttore responsabile stampa e relazioni esterne Banca d’Italia, candidata al Senato in Campania e nelle Marche con la lista +Europa con Emma Bonino.
D. Completamento dell’Unione bancaria in Europa, uno dei vostri obiettivi. Cosa serve fare?
R. Sicuramente dobbiamo andare verso il completamento dell’unione bancaria perché manca ancora la terza gamba di questa unione. Manca perché inizialmente si era partiti con l’assicurazione dei depositi, che comporta una condivisione dei rischi ed era perfettamente coerente con le altre due gambe; poi è nata una certa sfiducia tra i Paesi membri, per cui si è fatto un passo indietro introducendo il concetto della riduzione del rischio prima della condivisione. In realtà penso che la cosa da fare sia arrivare proprio al completamento di questa unione, altrimenti si rischia di non affrontare in maniera efficace qualsiasi problema possa verificarsi.
Da una parte sono state previste norme come quelle in materia di aiuti di Stato, ma dall’altra parte non è stato creato un back stop a livello europeo e questo non ha consentito di intervenire in maniera più efficace e diretta sui problemi bancari, come quelli che abbiamo avuto noi.
D. La direttiva sulla Brrd va cambiata?
R. La Brrd in linea di principio contiene norme valide. Certo, quello che si era sempre detto è che bisognava avere un periodo di transizione per attuare alcune misure come quella del bail-in, che hanno un impatto molto forte nei confronti dei risparmiatori. Questo non è stato fatto. Più che cambiarla va migliorata. Credo che, alla luce di quello che abbiamo avuto in Italia con la risoluzione di alcune banche e delle esperienze degli altri Paesi, si possano apportare miglioramenti alla Brrd.
D. La commissione d’inchiesta sulle banche si è conclusa con molte proposte ma quasi nessuna valutazione sul passato. La riproporrete nella prossima legislatura per far luce su cosa è successo?
R. Non credo che la commissione d’inchiesta si sia conclusa senza valutazioni sul passato perché, di fatto, nel momento in cui sono state avanzate alcune proposte è proprio perché è stata fatta una valutazione sul passato. Penso che in questi tre mesi la commissione abbia lavorato e dato il massimo. Per il resto, sì, forse si poteva fare di più, ma il tempo a disposizione non era molto e il clima pre elettorale non ha certamente aiutato. Sul riproporla sarebbe una valutazione da fare dopo le elezioni. Diciamo che se fosse riproposta ci sarebbe ancora più tempo per fare delle valutazioni sul passato.
D. Le opposizioni hanno puntato il dito soprattutto sui problemi di vigilanza da parte della Consob, oltre che sui manager delle banche fallite. Serve una riforma della vigilanza bancaria?
R. Bisogna intenderci quando si parla della riforma della vigilanza bancaria. Io credo che la vigilanza c’è e ha funzionato: le banche nel complesso hanno tenuto e questo è un fatto di estrema importanza se si considera la gravità della recessione che ha caratterizzato la nostra economia. I fallimenti bancari sono rimasti circoscritti ad alcuni intermediari, per i quali gli effetti della crisi sono stati peggiorati da fenomeni di vera e propria mala gestio. Poi è evidente che qualcosa non sia andato nel verso giusto e dunque su questo si può e si deve intervenire. In questo senso la commissione d’inchiesta ha messo in evidenza alcuni passaggi di riforma, come ad esempio sulla collaborazione tra Consob e Bankitalia, che deve essere rafforzata.
Un’altra cosa su cui bisognerebbe intervenire è l’attribuzione di più poteri alle autorità di vigilanza. Io per 18 anni in Banca d’Italia mi sono occupata di vigilanza e regolamentazione, e soprattutto sono stata un ispettore di Bankitalia e so perfettamente quali sono i limiti che un ispettore, che è un pubblico ufficiale, ha quando fa un’ispezione all’interno di una banca. Sicuramente non ha poteri di polizia giudiziaria: non ha la possibilità di imporre l’esibizione di un documento, ad esempio. Ecco, dunque si potrebbe anche dotare di maggiori poteri l’autorità di vigilanza. Pensiamo ad esempio che fino a qualche anno fa Bankitalia non poteva nemmeno obbligare il ricambio di un vertice di una banca: solo dal 2015 Banca d’Italia ha un potere di removal. E questo ha impattato molto sull’esercizio dei poteri dell’autorità.
Un’altra cosa molto importante su cui intervenire è la tutela del risparmio. Le nuove norme sulla Mifid II vanno in questa direzione ma la migliore forma di tutela del risparmiatore credo sia la semplificazione e la chiarezza dei documenti: la prima cosa da fare è rendere la documentazione bancaria molto semplice e molto lineare. Non 20 pagine, ma una pagina con le informazioni fondamentali. E parlando di tutela non bisogna dimenticare l’educazione finanziaria.
D. Le Camere hanno votato contro la proposta di Bruxelles di inserire nel quadro giuridico europeo il Fiscal compact. Cosa ne pensa?
R. Inserirle nei Trattati cosa comporterebbe? Le norme del Fiscal compact nei fatti già devono essere rispettate. Ne va della credibilità del Paese. Ed è sulla credibilità del Paese che si gioca tutto.
D. In primavera è atteso il giudizio dell’Europa sui nostri conti e l’Upb ha già pronosticato una possibile manovra correttiva (anche se smentita da Padoan). C’è chi pensa che l’ingerenza dell’Europa sia eccessiva. Cosa ne pensa? C’è bisogno di maggiore flessibilità o più rigore nell’evitare manovre in deficit?
R. Parlare di rigore è eccessivo. Abbiamo goduto della flessibilità, adesso parlerei davvero di un percorso virtuoso in cui in realtà ci siamo già incamminati. Da tempo abbiamo un avanzo primario. Andiamo in deficit quando paghiamo gli interessi sul debito pubblico. In questi anni abbiamo usufruito di flessibilità, ma adesso siamo in una fase di crescita, l’economia si sta riprendendo, chiedere ulteriore flessibilità è più complicato. Sicuramente possiamo migliorare l’avanzo primario e contenere il deficit. Come? Ci sono interventi che possono essere fatti: attraverso ad esempio ulteriori tagli alla spesa, che devono essere però tagli selettivi su consumi intermedi, e un efficientamento della Pa.
Questo per dire che occorre dare dimostrazione di credibilità anche per essere più efficaci sui tavoli europei. Altro aspetto fondamentale è continuare sulla via delle riforme strutturali. Il fatto poi che il debito pubblico costi poco in questa fase, grazie agli attuali bassi tassi di interesse, non deve farci pensare di poter rinviare le riforme strutturali, che sono indispensabili per la competitività del Paese e l’attrattivita per gli investitori esteri.
D. Sia che ci sia o meno una manovrina di primavera, i margini per finanziare nuovi interventi non sono ampi. Dove trovare allora i soldi per realizzare le promesse elettorali?
R. Mi si conceda una battuta: noi come +Europa non abbiamo fatto promesse elettorali di un certo tipo. Per il resto, è veramente difficile trovare i soldi per mantenere le promesse fatte da alcuni partiti in questa campagna elettorale. Nei fatti non si dice agli elettori dove si troveranno le coperture. Il rischio che si corre, anzi quasi la certezza, è che, formato il Governo, queste promesse non possano essere mantenute. Si parla della cancellazione della riforma Fornero: ok, ma è stata fatta un’analisi di impatto, si è considerato quanto costa abolirla? (Public Policy)
@VioC