VISTI DA FUORI, GUARDIAN: L’ITALIA SEGUIRÀ L’ESEMPIO (NEGATIVO) DEL GIAPPONE?

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(Public Policy) – Roma, 8 apr – “L’Italia e Giappone
sembrano legati insieme in una corsa a tre gambe. In poco
tempo, almeno uno dei due è destinato a cadere”. Lo scrive
Phillip Inman, giornalista economico del quotidiano
progressista inglese The Guardian, in un articolo che fa il
punto sulla situazione economica dei due Paesi.

“Vista tutta la recente pubblicità sul Giappone e le somme
colossali di denaro che (il governo di Tokyo; Ndr) sta per
buttare per cercare di rilanciare un’economia in difficoltà,
sembra strano mettere insieme i due Paesi – si legge – […]
ma sono in un buco simile e il Giappone sta andando dove
l’Italia potrebbe erroneamente seguirlo”.

“Italia e Giappone – ricorda Inman – erano una volta le due
più grandi potenze dell’asse con la Germania. Dopo la
seconda guerra mondiale hanno beneficiato di enormi sussidi,
soprattutto dagli Stati Uniti e gran parte di essi sotto
forma di cancellazione di debiti […] A partire dai primi
anni Novanta”, sottolinea il Guardian, è arrivato “il
declino”, i problemi finanziari (“L’integrazione della
Germania orientale, la bolla immobiliare di Tokyo e nel caso
dell’Italia, la produttività stagnante”) e “il calo dei
tassi di natalità”.

Ma mentre la Germania è riuscita a venirne fuori, anche
grazie, scrive il quotidiano vicino ai laburisti, alle
riforme dell’ex cancelliere Spd Gerhard Schröder (riduzione
dei salari e delle sicurezze sociali), “Roma e Tokyo hanno
optato per la protezione degli standard di vita della
popolazione più anziana, allo stesso momento riducendo
salari e condizioni di lavoro dei più giovani. Non ha
funzionato”.

Secondo il giornalista del Guardian le manovre degli ultimi
giorni della Banca centrale giapponese (che ha detto di
voler raddoppiare la quantità di moneta e di voler ottenere
un’inflazione del 2% nell’arco di 2 anni) significano
semplicemente che il Paese nipponico potrebbe – alla fine –
avere “debiti più alti e un’economia altrettanto sclerotica,
con tutti a fare quello che hanno sempre fatto con redditi
leggermente inferiori”.

In Italia, dove “i giovani
qualificati” si preparano a lasciare il Paese, l’adesione
all’euro impedisce a Bankitalia di stampare moneta. “Si
potrebbe tassare il denaro improduttivo – si legge – nei
conti bancari personali e aziendali, ma come molti Paesi
europei le banche italiane non sono in ottima salute. Senza
un settore delle esportazioni in espansione, (l’Italia; Ndr)
deve guardare dentro casa e di recente ci si è concentrati,
come nel Regno Unito, in un falò di prestazioni sociali (“on
a bonfire of welfare benefits”).

“Purtroppo – sottolinea Inman – per una società che
invecchia, questa politica ci porta al punto di partenza.
Senza una rete di sicurezza sociale che comprenda i fondi
per l’assistenza all’infanzia, la popolazione continuerà a
diminuire […] Nessuna meraviglia – aggiunge il giornalista
inglese – sul fatto che molti economisti abbiano ipotizzato
che sarà l’Italia e non la Grecia la prima a lasciare
l’euro”.

“Con un deficit di bilancio quasi pari a zero, si può
sopravvivere con i fondi di Bruxelles. Ma l’uscita
(dall’euro; Ndr) e la svalutazione sarebbero un modo, per
Roma, per ripetere lo ‘spendi e svaluta’”, una politica che
però aveva paradossalmente portato alla scelta della moneta
unica. “Non c’è una via facile – è la conclusione di Inman –
Solo quando i governi si rendono conto che hanno bisogno di
tassare il denaro morto nelle loro economie per sbloccare i
fondi per gli investimenti di cui hanno disperatamente
bisogno, può iniziare il recupero”. (Public Policy)

GAV