La cartolarizzazione dell’IA: lo spettro del 2008 aleggia sul settore

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di Karim Pakravan*

ROMA (Public Policy Bytes) – L’abrogazione del Glass-Steagall act nel 1999 aprì la strada all’innovazione finanziaria e diede un forte impulso alla finanziarizzazione dell’economia statunitense. Nuovi strumenti (asset-backed securities, Abs) e strutture (Spv, special purpose vehicles, o “società di progetto”) proliferarono, alimentando una bolla speculativa immobiliare che esplose nel 2008 in una grave crisi finanziaria.

Il principio alla base delle Abs è semplice: qualsiasi attività che generi un flusso di cassa può essere impacchettata in un titolo negoziabile sui mercati finanziari. Le mortgage backed securities (Mbs) che si moltiplicarono negli anni ‘2000 erano, di fatto, obbligazioni garantite dai flussi di cassa derivanti da pacchetti di mutui. Emettendo Mbs e segmentandoli per soddisfare diversi profili di investitori, l’industria finanziaria riuscì ad amplificare enormemente la leva dell’economia. La stabilità dell’intero sistema dipendeva però dalla solvibilità di un numero sufficiente di mutui: quando i default aumentarono, l’intero edificio crollò, innescando la crisi del 2008.

Oggi il settore dell’intelligenza artificiale, con un fabbisogno di capitali stimato da McKinsey in 7.000 miliardi di dollari entro il 2030 per soddisfare la domanda di data center, sembra riscoprire le Abs. Il meccanismo è lo stesso: emettere titoli garantiti dai flussi di cassa generati dai data center. Il volume di emissioni di Abs da parte delle società di IA è quadruplicato quest’anno, raggiungendo i 13,3 miliardi di dollari. Gli investitori possono scegliere tra Abs sostenuti da data center mono-tenant o multi-tenant. L’industria delle Abs legate all’IA è ancora agli inizi e resta minima rispetto ai bisogni complessivi di capitale — basti pensare che le cinque principali aziende tecnologiche hanno investito 12 miliardi di dollari in spese in conto capitale solo negli ultimi tre mesi. Tuttavia, anche in questo caso, l’intera struttura finanziaria si fonda sull’assunto che i nuovi data center continueranno a generare flussi di cassa sufficienti per servire il debito. Un’ottima idea, finché funziona.

Il settore ha inoltre ripreso a utilizzare un’altra struttura finanziaria tipica dei primi anni ‘2000: le Spv, società di progetto. Queste consentono di creare una controllata che assume debito senza che la passività compaia nel bilancio della capogruppo. Meta ne ha appena istituita una da 30 miliardi di dollari, e altre società stanno seguendo l’esempio. Le Spv furono al centro della crisi del 2008, dopo essersi riempite di Abs finanziate tramite il mercato dei capitali. Quando la liquidità si esaurì, collassarono. Ancora una volta, un’ottima idea — finché non lo è più.

Con l’affievolirsi della memoria istituzionale della crisi del 2008, i rischi insiti in queste nuove architetture finanziarie rischiano di essere sottovalutati. Eppure, la regola è semplice: per parafrasare il candidato Bill Clinton, “è il flusso di cassa, stupido!”. L’intero edificio si basa sulla capacità di trasferire il rischio a valle verso altri investitori. Nel complesso, una scommessa molto rischiosa. Non è però troppo tardi perché le autorità di vigilanza impongano dei correttivi; ma le prospettive, da questo punto di vista, non sono incoraggianti. Il binomio IA-data center è destinato a dominare economia e finanza per il prossimo futuro. Nel contempo, l’enorme influenza politica dell’industria tecnologica — soprattutto sotto l’amministrazione Trump, caratterizzata da un approccio deregolato — le ha consentito di controllare la narrazione e, in misura senza precedenti, anche i regolatori. Quindi restate sintonizzati. (Public Policy Bytes)

*Karim Pakravan è docente presso il Dipartimento di Economia della DePaul University di Chicago.
**Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Random Access Economics