La sentenza europea su identità di genere e trasporti

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BRUXELLES (Public Policy / Policy Europe) – L’identità di genere del cliente non è un dato necessario per l’acquisto di un titolo di trasporto. Lo ha affermato con una sentenza, giovedì, la Corte di giustizia dell’Unione europea. “La raccolta di dati relativi all’appellativo dei clienti non è oggettivamente indispensabile, in particolare, quando essa ha come finalità una personalizzazione della comunicazione commerciale”, sottolinea la Corte.

L’associazione Mousse ha contestato dinanzi all’Autorità francese per la protezione dei dati personali (Cnil) la prassi dell’impresa ferroviaria francese Sncf Connect che obbliga sistematicamente i suoi clienti a indicare il loro appellativo (“Signore” o “Signora”) al momento dell’acquisto di titoli di trasporto online. Tale associazione ritiene che detto obbligo violi il regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr), in particolare sotto il profilo del principio di minimizzazione dei dati. Nel 2021 la Cnil ha deciso di respingere tale reclamo, ritenendo che detta prassi non costituisse una violazione del Gdpr. Disapprovando tale decisione, la Mousse ha adito il Consiglio di Stato per ottenerne l’annullamento.

Il Consiglio ha quindi chiesto alla Corte di giustizia, in particolare, se la raccolta dei dati relativi all’appellativo dei clienti, limitata ai termini “Signore” e “Signora”, possa essere qualificata come lecita e conforme, in particolare, al principio di minimizzazione dei dati, quando tale raccolta sia diretta a consentire una comunicazione commerciale personalizzata nei confronti di tali clienti, conformemente agli usi comunemente ammessi in materia.

La Corte ricorda che, conformemente al principio di minimizzazione dei dati, che costituisce espressione del principio di proporzionalità, i dati raccolti devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”. Inoltre, la Corte precisa che: il trattamento di dati relativi all’appellativo dei clienti di un’impresa di trasporto, avente la finalità di personalizzare la comunicazione commerciale fondata sulla loro identità di genere, non può essere considerato necessario qualora il legittimo interesse perseguito non sia stato indicato a tali clienti al momento della raccolta di tali dati; qualora il trattamento non sia effettuato nei limiti dello stretto necessario per la realizzazione di tale legittimo interesse; oppure, qualora alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, i diritti e le libertà fondamentali di tali clienti possano prevalere su tale legittimo interesse, in particolare a causa di un rischio di discriminazione fondata sull’identità di genere(Public Policy / Policy Europe) PAM