di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Per il Governo è probabilmente il momento più difficile da quando si è insediato. E forse anche per Giorgia Meloni stessa. Non tanto per l’inchiesta che la riguarda sul caso Almasri – e che riguarda lei e importanti ministri del suo Esecutivo – ma per tutto il clima che si è venuto a creare.
Anzitutto c’è la sensazione – lo notava Stefano Folli su Repubblica – che da quando se n’è andata via Elisabetta Belloni dalla guida del DIS, tra i nostri servizi di sicurezza ci sia qualche imponderabile elemento di incertezza (Almasri, vicenda Paragon, eccetera). E di solito “quando la politica è forte e consapevole del proprio vigore, gli apparati — comprese le forze dell’ordine — svolgono in modo razionale ed efficace il loro dovere istituzionale”, ha osservato Folli: “Quando invece la politica è debole, ovvero si avvia a perdere una porzione della sua autorità, emergono le lotte intestine e talvolta le varie correnti di potere si armano una contro l’altra”.
La politica è naturalmente fatta di conflitto, anche aspro. Ma i vari duelli istituzionali in corso, il più importante di tutti quello fra magistratura e politica, restituiscono l’immagine di una democrazia fratturata. Per ora è arrivato un piccolo segnale dopo l’elezione di Cesare Parodi alla guida dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il neo-presidente ha confermato lo sciopero del 27 febbraio ma ha chiesto “in tempi brevi un incontro con il governo. Non possiamo rinunciare a nessuna strada per la difesa della magistratura, è un momento delicato e non possiamo commettere errori”, ha detto. La novità sta non solo nella proposta di Parodi ma anche nella risposta positiva di Meloni, che ha accolto “con favore la richiesta di un incontro col governo” auspicando “che, da subito, si possa riprendere un sano confronto sui principali temi che riguardano l’amministrazione della Giustizia nella nostra nazione, nel rispetto dell’autonomia della politica e della magistratura”. È lecito immaginare che sia Parodi sia Meloni ribadiranno i propri punti di vista. Ma forse l’incontro potrebbe servire a placare la retorica del complotto che ormai permea il dibattito pubblico del destra-centro.
C’è poi il caso di Daniela Santanchè, la ministra del Turismo è a processo per truffa aggravata ai danni dell’Inps. Questa settimana in aula alla Camera arriverà la mozione di sfiducia depositata dal M5s. Di tutte le questioni irrisolte del Governo, Santanchè è probabilmente la più complessa. La presidente del Consiglio non potrebbe difendere la ministra in caso di condanna (ma la strada è lunga e la prima udienza ci sarà a marzo): a differenza di altri esponenti del governo, si potrebbe dire che Santanchè non stava lavorando per l’“interesse della Nazione”, ma per gli interessi propri. Le dimissioni di Santanché, in quel caso, non sarebbero le prime di questo governo e forse è il motivo per cui la maggioranza ha cercato di tenere il più possibile bassa l’attenzione sul caso. Ma a un certo punto una decisione sarà inevitabile.
Infine, c’è una questione di equilibri nella maggioranza. Nel fine settimana si è tenuto, in Spagna, il raduno dell’estrema destra. C’erano Viktor Orban, Marine Le Pen e Matteo Salvini. In assemblea al grido di MEGA, Make Europe Great Again, lo slogan lanciato da Elon Musk (assente all’evento) su X accolto con grande favore proprio dal segretario della Lega, ministro dei Trasporti e aspirante ministro dell’Interno, che probabilmente spera di ritrovare fiato per la futura (e lontana) campagna elettorale per le elezioni politiche. Meloni è un’estimatrice di Musk ma sembra essere decisamente meno interessata al rassemblement muskiano.
Anche perché c’è una differenza notevole che a Musk, per ora, sfugge: l’Europa, Italia compresa dunque, è fatta di tanti partiti e sensibilità diverse, anche a destra. Negli Stati Uniti la polarizzazione dello scontro è fra Partito Democratico e Partito Repubblicano, qui ci sono delle micro-polarizzazioni all’interno degli schieramenti, come testimonia efficacemente la composizione del parlamento europeo, dove Lega e Fratelli d’Italia fanno parte di gruppi politici diversi. Gruppi che sono anche in competizione. Meloni, in questo caso, non potrà rinunciare ai rapporti con Donald Trump e Musk senza però infilarsi nella truppa europea di Le Pen e soci.
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)