di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – “Quello a cui stiamo assistendo in queste ore è un vero e proprio assalto all’amministrazione dello Stato”, ha detto con nettezza il Partito democratico la settimana scorsa: “Professionisti ed esperti che hanno lavorato al servizio dei cittadini, ottenendo risultati che sono sotto gli occhi di tutti, sostituiti da fedelissimi del capo di turno, scelti solo secondo logiche di obbedienza. Decisioni pericolose, che mettono a rischio il funzionamento stesso degli enti. Con buona pace del ‘merito’. Evidentemente solo una bandierina da sventolare nella vuota retorica della destra”. Insomma, lo spoils system – protetto dalla legge Bassanini varata alla fine degli anni Novanta e poi ritoccata con la legge Frattini del 2002 – è brutto, sporco e cattivo solo quando lo fanno gli altri. In questo caso il Pd non gradisce che l’Esecutivo Meloni scelga uomini di fiducia in posti chiave del sottogoverno. Cioè quello che fanno tutti, perché, dice la legge, “gli incarichi di funzione dirigenziale cessano decorsi 90 giorni dal voto di fiducia”, cioè il 24 gennaio.
Due casi in particolare hanno scatenato le critiche del Pd. La nomina del direttore dell’Agenzia del farmaco, Aifa, Nicola Magrini, scadrà il 23 gennaio prossimo, e il ministero della Salute ha già detto che non sarà rinnovata. L’altra riguarda la gestione del post terremoto nel centro Italia. Giovanni Legnini, già parlamentare del Pd e vicepresidente del Csm è stato sostituito con Guido Castelli, senatore di Fratelli d’Italia ed ex sindaco di Ascoli Piceno. Enrico Letta, segretario del Pd in dismissione, non ha gradito: “Che brutto segnale. Lo spoil system applicato dal Governo alla gestione del post terremoto è una pessima scelta. Un grazie sincero a Giovanni Legnini per la dedizione, l’efficienza e il piglio istituzionale con cui in tutti questi anni ha gestito una così delicata vicenda”. E ancora: “La rimozione di Magrini dalla guida dell’Aifa è una scelta di discontinuità grave e sbagliata. Una scelta di parte che è anche un segnale pericoloso e preoccupante. Su salute, protezione dei più deboli e lotta alla pandemia c’è bisogno non di scelte faziose ma di continuità”. Qualcuno avverta il segretario del Pd che ha perso le elezioni.
Naturalmente lo spoils system non finirà qui. L’impressione è che Meloni voglia avere tutto quello che non ha avuto in questi anni d’opposizione. Da giorni si discute del destino di Alessandro Rivera, direttore generale del Mef: “Lo spoils system è democrazia, mi sembra che qui vada bene solo se lo applica la sinistra”, ha detto Antonio Tajani in un’intervista al Corriere della Sera: “Chi vince decide gli incarichi fiduciari, Rivera non è ancora stato sostituito da nessuno, ma credo che sia comunque diritto del governo fare delle scelte. L’importante è guardare ai risultati, poi ognuno sceglie il meglio che ritiene”.
Ha osservato giustamente proprio Bassanini, in un’intervista a La Stampa: “Il problema vero non è se cambiano qualcuno, ma se i nuovi che ci mettono sono più bravi, competenti e capaci o meno bravi competenti e capaci dei vecchi: ovviamente è un giudizio complicato da dare”. C’è l’idea di cambiare subito gabinetti, uffici legislativi, segreterie tecniche, prefetti, ambasciatori e comandi militari, capi dipartimento e segretari generali? “Per tutti questi basta la legge Bassanini. Si vogliono cambiare anche tutti gli altri dirigenti, si vuole cambiare quella legge per fare tabula rasa? Se fosse questa l’idea, credo che vada raccomandata prudenza: quella legge, approvata nel 1997, ha aperto molti spazi per rinnovare, cambiare, immettere nell’amministrazione dirigenti più giovani; se il governo la usa bene, può far molto e non merita critiche”, ha spiegato ancora Bassanini: “Gli altri dirigenti hanno già tutti un incarico a tempo determinato, al termine il governo li potrà comunque cambiare, se non avranno raggiunto i risultati che il governo gli ha dato. Se invece si volesse fare tabula rasa, il messaggio che si darebbe sarebbe che non contano i risultati, dunque competenza, capacità e merito, ma solo la tessera di partito”.
Non si può tuttavia urlare alla deriva autoritaria solo perché si è perso le elezioni. È chiaro, segretario Letta?
@davidallegranti