Governo, numeri alla mano i renziani sono decisivi alla Camera e al Senato

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ROMA (Public Policy) – “La strada per la legislatura si metterebbe in salita, verrebbe affossata”. Le parole rivolte dal segretario del Partito democratico Matteo Renzi ai rappresentanti della minoranza interna non lasciano spazio a equivoci.

Se gli esponenti della sinistra del Nazareno insisteranno nella volontà di apportare cambiamenti rilevanti al testo di riforma elettorale concordato con Silvio Berlusconi senza il consenso di Forza Italia e del Nuovo centrodestra e approfittando dello scrutinio segreto previsto dai regolamenti della Camera dei deputati, Renzi è pronto a far calare il sipario sull’esperienza dell’esecutivo di larghe intese e a tornare al voto.

Le sue affermazioni sembrano avere attenuato per ora l’intransigenza degli esponenti vicini a Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo sull’introduzione delle preferenze, la riduzione delle clausole di accesso in Parlamento, l’innalzamento della soglia minima di consensi per conquistare il premio di governabilità o accedere al ballottaggio. La ragione è evidente e risiede nell’antica legge dei numeri e dei rapporti di forza. Perché, dati alla mano se pur con le incognite di ogni confronto parlamentare, gli uomini e le donne legati al segretario del Pd appaiono determinanti per un’eventuale caduta del governo e per lo scioglimento anticipato della legislatura.

I NUMERI A PALAZZO MADAMA
Al Senato oggi i parlamentari vicini a Matteo Renzi sono 50 su 108. Al nucleo originario dei 12 “fedelissimi” entrati a Palazzo Madama grazie al voto politico di febbraio si sono aggiunti, in occasione del Congresso del Pd, i rappresentanti di Areadem guidata da Dario Franceschini, diversi popolari che fanno riferimento a Giuseppe Fioroni, la pattuglia dei liberal legati a Walter Veltroni, esponenti dell’ex maggioranza vicina a Bersani.

Sommati ai parlamentari delle forze di opposizione – 60 di Forza Italia, 11 del gruppo Grandi autonomie e libertà, 15 della Lega Nord, 50 del Movimento 5 stelle, 7 di Sel, 3 dissidenti del M5s che hanno dato vita al gruppo di Azione e partecipazione popolare – potrebbero far cadere facilmente il governo con un numero compreso fra 193 e 196 senatori.

Superando ampiamente la soglia di 161 voti che costituisce il quorum dell’Assemblea. La cifra scenderebbe invece a 155 – numero al di sotto dell’asticella ma poco rassicurante per Palazzo Chigi e per le forze di maggioranza – se le componenti del Pd che hanno aderito al programma e alla candidatura di Renzi nel corso del 2013 scegliessero di salvare l’esecutivo e rifiutassero lo scioglimento anticipato delle Camere lasciando soli i 12 “fedelissimi” del primo cittadino di Firenze.

I NUMERI A MONTECITORIO
Più netto, in entrambe le ipotesi, lo scenario che si presenta alla Camera. Lì i parlamentari aderenti alla nuova maggioranza scaturita dal Congresso del Pd raggiungono la cifra di 150 su un totale di 300. Al nucleo originario di 40 esponenti dell’entourage del sindaco del capoluogo toscano si sono aggiunti nel tempo oltre 100 parlamentari appartenenti alle aree Veltroni, Franceschini, Fioroni. Con l’adesione ulteriore degli uomini che si richiamano all’Ulivo di Romano Prodi.

Aggiunti ai 67 rappresentanti di Forza Italia, ai 9 di Fratelli d’Italia, ai 20 del Carroccio, ai 106 5 stelle, ai 37 di Sel, ai 3 fuoriusciti del M5s, potrebbero far cadere il governo con 389 voti. Andando ben al di là del quorum dei 316 suffragi necessari. Nell’eventualità di una defezione integrale delle componenti non strettamente “renziane” dell’attuale maggioranza del Nazareno, la cifra oscillerebbe invece tra 280 e 290 e salverebbe le sorti dell’esecutivo Letta. (Public Policy)

EDP