A Berlusconi fa comodo un partito unico, a Meloni uno conservatore

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Il centrodestra è alla ricerca di un partito unico o di un partito conservatore? Sono due cose diverse, in realtà. Almeno nelle intenzioni di Silvio Berlusconi, che ambisce a recuperare consensi in una coalizione che ora vede saldamente alla guida Fratelli d’Italia. Tant’è che da FdI sono arrivate subito precisazioni e frenate all’indirizzo dell’alleato.

“Un grande partito conservatore esiste già”, ha detto Giovanni Donzelli a Libero. “FdI è già un grande partito conservatore: grande lo è diventato. Conservatore: il nostro leader, Giorgia Meloni, lo è dei Conservatori europei”. Questo non significa che il percorso di Fratelli d’Italia sulla via della conservazione si sia fermato. Non è con qualche sparata identitaria che si affermerà il conservatorismo in una società che tritura qualsiasi leader e ispirazione vagamente ideologica nell’arco di qualche anno. Per riassumere, dunque: a Berlusconi fa comodo un partito unico, a Meloni un partito conservatore.

Il problema però, come ha argomentato Giovanni Orsina su La Stampa, è che “nel XXI secolo non c’è rimasto più molto da conservare: un bel problema per la destra contemporanea. La modernità negli ultimi duecento anni, e in maniera ancora più accelerata e radicale la tarda modernità negli ultimi cinquanta, hanno corroso irrimediabilmente i valori ai quali di norma si appoggiava il conservatorismo. Basti pensare alla più scontata delle triadi conservatrici – Dio, patria e famiglia – e misurare che cosa ne resti a valle dei processi di secolarizzazione, decostruzione delle identità collettive, globalizzazione, liquefazione dei legami sociali e santificazione dell’autonomia individuale: chiese sempre più vuote, sovranità sempre più precarie, vite sentimentali sempre più sincopate”.

Oggi, ha detto ancora Orsina, “è forte la tentazione di tornare a questo punto al conservatorismo classico – Dio, patria e famiglia, per intenderci –, e di questa tentazione in Italia si avvertono oggi segnali robusti. È la via più facile, quella che meno ha bisogno di pensiero. Ma è anche la più sbagliata. E di gran lunga. Per la stragrande maggioranza dei nostri concittadini, Dio, patria e famiglia, dopo essere stati triturati per decenni, in teoria e in pratica, dalla tarda modernità… sono princìpi astratti, residui di un Novecento – per non dire Ottocento – che si va facendo sempre più remoto. Il conservatorismo dei nostri giorni, a valle dell’insurrezione populista contro il mondo pensato, deve invece ripartire dal mondo vissuto”.

Viene da chiedersi da che parte stia (pensato o vissuto?, secondo la dicotomia di Orsina) l’attacco del ministro della Difesa Guido Crosetto alla Bce, in una recente intervista a Repubblica: “Abbiamo lasciato a organismi indipendenti e che rispondono solo a se stessi, la possibilità di incidere sulla vita dei cittadini e sull’economia, in modo superiore alla Commissione europea e soprattutto ai governi nazionali. È legittimo chiedersi quanto sia giusto?”. L’interesse nazionale è il primo punto del partito conservatore, ma in questo modo Crosetto dice che la Bce crea problemi all’Italia quando invece è l’Italia che crea problemi all’Italia: un Paese che ha bisogno di essere tenuto in vita dalla benevolenza degli altri. (Public Policy)

@davidallegranti