di Francesco Ciaraffo
ROMA (Public Policy) – La crisi di Governo congela l’iter del ddl Povertà al Senato. Il Parlamento guarda al Colle per capire che strada prenderà la crisi del Governo Renzi dopo il voto sul referendum e tutti i provvedimenti sono fermi.
Tra questi il ddl Povertà, collegato alla Stabilità 2016, all’esame della commissione Lavoro, che punta inserire nel nostro Paese una misura nazionale di contrasto della povertà. E ora, dopo l’approvazione alla Camera, rischia di finire su un binario morto.
La misura – non condivisa dai 5 stelle, che puntano al reddito di cittadinanza – era stata finanziata dalla Stabilità 2016 con 600 milioni e un miliardo dal 2017. Aumentato di 150 milioni di euro, a valere sulle risorse stanziate per l’Asdi (l’assegno contro la disoccupazione) dalla legge di Bilancio approvata oggi. La misura nazionale di contrasto alla povertà si dovrebbe chiamare ‘reddito di inclusione’. Inizialmente, si è pensato di denominarlo ‘reddito minimo di inclusione’, ma l’aggettivo è stato poi cancellato.
La misura sarebbe condizionata “alla prova dei mezzi, effettuata attraverso l’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)“. La misura sarebbe unica, quindi, una volta a regime, strumenti come la social card anziani e l’Asdi, l’Assegno di disoccupazione, cesseranno di esistere perché assorbiti dalla nuova misura.
La misura sarebbe prioritariamente destinata (una scala di priorità era necessaria perchè le risorse stanziate non sono sufficienti a coprire tutte le persone in stato di povertà) ai nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione.
Proprio le fasce più deboli. Martedì infatti l’Istat ha comunicato che le famiglie con figli sono sempre più a rischio povertà ed esclusione sociale. Il tasso, riferito al 2015, è del 48,3% per le coppie con tre o più figli in confronto al 39,4% del 2014 e sale al 51,2% se si tratta di minorenni. La quota generale è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%, oggi al 28,7%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).
Se il ddl non dovesse mai arrivare ad approvazione, inoltre, rimarrà inattuabile quanto stabilito dall’ultima legge di Bilancio, cioè la possibilità di aumentare la platea dei destinare con un dm.
A rendere difficile poi l’effettiva entrata in vigore del ‘reddito di inclusione’ è lo strumento legislativo. Come detto, infatti si tratta di una delega, quindi con la necessità di decreti legislativi per essere attuata.
Certo, spiegano ambienti di maggioranza, c’è la speranza che qualora la legislatura proseguisse, il Governo si facesse carico di approvare il provvedimento visto che interviene su un ambito sociale delicato. Ma al momento ci si può limitare solo alla speranza. (Public Policy)
@fraciaraffo