di Daniele Venanzi
ROMA (Public Policy) – A Roma come a Bruxelles, l’autunno 2025 scandisce una fase di accelerazione nella regolamentazione del settore dell’IA. L’adozione della normativa italiana in materia (l. 132/2025, in vigore dal 10 ottobre e prima nel suo genere tra gli ordinamenti nazionali europei) fa seguito alla presentazione delle nuove strategie Apply AI e AI in Science della Commissione europea dell’8 ottobre.
In particolare, Apply AI mira a fissare i termini per l’attuazione dell’AI Continent Action Plan dello scorso aprile, con l’obiettivo dichiarato di rendere l’Europa “un continente leader” nel settore. A dispetto dei proclami, la portata della strategia appare inadeguata, per cifre e approccio, a colmare il divario in costante ampliamento con Washington e Pechino. Sul piatto, infatti, la Commissione mette appena un miliardo di euro, in un settore in cui lo scorso anno, per confronto, i privati hanno investito oltre 109 miliardi di dollari negli Usa e 19.4 in Ue e il Governo federale del Canada, da solo, ha stanziato circa 1.6 miliardi di euro.
L’auspicio della Commissione è che le esigue risorse destinate si rivelino sufficienti a perseguire obiettivi complessi e disparati: su tutti, incrementare il take-up delle nuove tecnologie nel nostro tessuto produttivo, adottate appena dal 13,5% circa delle imprese europee. È il fine della policy “AI first” della strategia, che fa il paio con l’approccio “buy European”, volto a “incrementare la sovranità tecnologica dell’Ue” proprio dove questa appare tuttavia più impalpabile per scarsità di sistemi proprietari e data center europei. Nei piani del legislatore, infatti, la stessa modesta dote di un miliardo dovrebbe coprire anche gli investimenti per sostenere lo sviluppo di modelli di IA di frontiera. A tal riguardo, come misura del ritardo continentale, lo scorso 16 settembre Mario Draghi, alla Conferenza di alto livello organizzata dalla Commissione europea, ha ricordato che “lo scorso anno gli Usa hanno prodotto 40 grandi modelli base, la Cina 15 e l’Ue solo 3”.
Contemplate nella nuova strategia anche la sanità, con un programma che prevede la creazione di centri di screening basati su IA, e la mobilità, con il sostegno a piani di diffusione su larga scala della guida autonoma; anche questo un nobile auspicio, che mal si sposa, tuttavia, con l’approccio “buy European”, proprio dove l’automotive europeo cede maggiormente il passo a Tesla e ai competitor asiatici.
Prevista, inoltre, la riorganizzazione della governance europea del settore, con la creazione di tre nuovi soggetti: l’Apply AI Alliance (forum di industrie, attori pubblici, mondo accademico e parti sociali), l’Osservatorio sull’IA e l’AI Act Service Desk, piattaforma di supporto all’attuazione del regolamento. Si moltiplicano così authority e soggetti pubblici, e con essi burocrazia e centri di spesa: una politica in linea con la tendenza globale, che vede aumentare del 21,3% dal 2023 i riferimenti legislativi all’IA in 75 Paesi, secondo l’AI Index 2025 della Stanford University; un’impennata che si registra anche negli Stati Uniti, con le agenzie federali che nel 2024 hanno introdotto 59 nuove normative in materia – più del doppio rispetto al 2023.
Attesa per fine mese anche la presentazione dell’ulteriore strategia della Commissione per la disciplina dei dati. Nel frattempo, a inizio ottobre il valore di mercato combinato delle sette più grandi aziende statunitensi (Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon, Meta e Tesla) ha superato il Pil dell’intera Unione europea, con la sola Nvidia a marciare testa a testa con l’economia della Germania. Tutte le aziende elencate sviluppano modelli di IA proprietari. Di contro, nessuna delle prime 40 imprese del settore al mondo ha sede in Europa. (Public Policy)
@danielevenanzi