Il conflitto d’interessi visto da una deputata 5 stelle

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di Sonia Ricci

ROMA (Public Policy) – “La disciplina sul conflitto di interessi” già in vigore “si è rivelata del tutto inefficace. Approvata solo nel 2004, con largo ritardo rispetto alle esigenze di cui avrebbe dovuto farsi carico, ha avuto un’applicazione non rispondente alle esigenze di una moderna democrazia”. Inizia così la relazione della deputata Anna Macina (M5s), allegata alla proposta di legge sul conflitto di interessi a sua prima firma. L’incipit dichiara esplicitamente qual è l’intento delle nuove norme proposte: superare in toto la vecchia legge, in quanto “non considera minimamente il profilo preventivo-impeditivo”, “basa l’attività di accertamento sul controllo delle dichiarazioni degli interessati” e non ha “un adeguato impianto sanzionatorio”.

La pdl è stata assegnata alla commissione Affari costituzionali della Camera. Questa, insieme ad altre due proposte (una a firma Emanuele Fiano del Pd e, l’altra, della deputata M5s Fabiana Dadone), sarà esaminata a Montecitorio a partire dal 29 giugno.

Vediamo nel dettaglio i contenuti della pdl Macina:

PAROLA D’ORDINE “PREVENIRE”

Il primo articolo della pdl in discussione a Montecitorio fissa un principio generale: le cariche di governo hanno l’obbligo di agire esclusivamente perseguendo la cura degli interessi pubblici e adottando le misure previste dalla proposta di legge, in modo da “prevenire” le situazioni di incompatibilità e ad evitare l’insorgenza di conflitti di interessi.

STRETTA ANCHE PER REGIONI E COMUNI

A differenza di quanto previsto ora, il nuovo conflitto d’interesse – se approvato – si estenderà anche alle cariche regionali, locali e alle autorità indipendenti (presidente e componenti, nessuno escluso).

INTERESSI PRIVATI 

Il conflitto viene a crearsi – secondo quanto propongono i 5 stelle – quando un rappresentante politico, a tutti i livelli, “è titolare di un interesse privato” che di fatto “interferisce” con l’imparzialità richiesta per adempiere alla sua carica. Con questa norma generale si superano – si legge nella nota illustrativa – “le criticità contenute nella legge” del 2004, in quanto “viene svincolato l’accertameno del conflitto dalla sussistenza dei presupposti richiesti dalla stessa legge”. Ovvero: incidenza specifica e preferenziale sulla sfera patrimoniale del politico o di chi ha altre cariche pubbliche, dei suoi congiunti e il danno per l’interesse pubblico. Requisiti che nella pratica – sostiene il M5s – “si sono rivelati di difficile accertamento”.

INCOMPATIBILITÀ POLITICHE…

Ed eccoci alle incompatibilità a cui il Movimento 5 stelle dedica due articoli (il 4 e il 5). Innanzitutto, si parla delle incompatibilità politiche. Ovvero danno luogo a incompatibilità, nel caso si vogliano assumere altre cariche istituzionali, qualsiasi ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva (fatta eccezione per i deputati e senatori scelti per comporre l’Esecutivo); le cariche in enti di diritto pubblico, società partecipate o private, consorzi, aziende speciali; posizioni all’interno in enti senza scopo di lucro vigilati; attività professionali o di lavoro autonomo – anche se gratuite o in forma associata – di consulenza o arbitrale con la Pa; qualsiasi lavoro per i politici all’interno di enti con popolazione superiore a 15mila abitanti.

Queste situazioni di incompatibilità devono essere “rimosse dall’interessato” che, entro 10 giorni dall’assunzione della carica, deve rinunciare all’incarico o alle funzioni svolte. Come detto, sarà l’Agcm a verificare l’effettiva rimozione delle cause di incompatibilità.

Per risolvere poi il problema del post employment si prevede che le incompatibilità relative a cariche o uffici ricoperti permangano per tre anni dal termine della carica di governo, salvo che siano svolte nel settore esclusivamente privato in ambiti non connessi con la carica rivestita.

…E PATRIMONIALI

Per quanto riguarda le situazioni di incompatibilità da attività patrimoniali, la pdl prevede che possono dar luogo a conflitti di interessi anche la mera proprietà o il possesso di ingenti patrimoni. Dunque, le cariche di governo, di presidente e componente delle Autorità indipendenti saranno incompatibili con la proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di un’impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali, di un’impresa che operi in monopolio, o di tv e radio. Insomma, la persona che aspita alla carica pubblica e che risulta di fatto “incompatibile” ha due strade davanti a sé: o sceglie di mantenere i propri interessi pregressi – politici o economici – oppure, semplicemente, opta per la sola ed esclusiva carica di Governo, adottando in contemporanea delle misure di sicurezza (che vediamo dopo).

CLAUSOLA SALVAGUARDIA ‘PARENTI’

Nel provvedimento è stata inserita una clausola di salvaguardia che riguarda le persone vicine a colui che assume la carica: il coniuge, i parenti o affini entro il secondo grado e i conviventi non possono essere aggiudicatari di appalti pubblici nel settore di competenza. Chi viola questa norma rischia la nullità del contratto con l’obbligo di restituire i compensi percepiti.

CHI CONTROLLA

All’Antitrust vengono affidati poteri di vigilanza e per l’applicazione delle sanzioni nei confronti degli organi di governo statali e regionali. Le stesse funzioni vengono affidate all’Anac per il controllo delle Authority indipendenti.

MULTE FINO A UN MILIONE DI EURO

L’Antitrust dovrà vagliare migliaia di dichiarazioni sulle incompatibilità e ne dovrà verificare l’incompletezza, la non veridicità e, nel caso sia necessario, applicare le sanzioni (da 10mila a 250mila euro). Nel documento dovranno essere elencati, oltre alle possibili incompatibilità patrimoniali e politiche, anche gli strumenti finanziari posseduti, i contratti, le proprietà immobiliari e quelle immobili. Lo stesso dovranno fare i parenti. Inoltre, ogni anno, entro dieci giorni dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, governatori, assessori e ministri dovranno aggiornare la dichiarazione Agcm.

In ogni caso, prima dell’invio delle autodichiarazioni, l’Authority può predisporre controlli d’ufficio. Nel caso il conflitto sia accertato, il soggetto avrà deici giorni di tempo per decidere quale delle due strade prendere (la carica istituzionale oppure l’interesse privato). Nel caso non lo faccia le sanzioni partiranno da 100mila euro fino a toccare quota un milione.

SANZIONE SU GIORNALI, RADIO E TV

Una volta che la carica è stata confermata la persona in questione deve sempre stare attendo a non incappare in qualche modo nel conflitto, soprattutto evitando di qualsiasi “atto” che potrebbe generarlo. Se questo avviene in corso d’opera le multe diventano ancora più salate (da 50mila a 500mila) e ne verrà data notizia sui giornali, almeno tre quotidiani nazionali, radio e tv nelle fasce di massimo ascolto.

STRETTA PER LE IMPRESE

Nel caso in cui il conflitto conclamato generi un vantaggio – anche non economico – all’azienda a cui è legato, ad esempio, un presidente di Regione o un ministro, l’Antitrust potrà applicare sanzioni da 50mila a 500mila euro nei confronti della stessa impresa. (Public Policy)

@ricci_sonia