Difesa, come verrà applicato il principio del “Buy European”

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BRUXELLES (Public Policy / Policy Europe) – I contratti d’appalto comuni finanziati con i prestiti dello strumento Safe (Security Action for Europe) devono avere ad oggetto prodotti in cui i costi dei componenti originari dell’Unione, o prevenienti dai Paesi dello Spazio economico europeo-Area europea di libero scampio (See-Efta, che comprende Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda) o dall’Ucraina, non siano inferiori al 65% dei costi stimati del prodotto finale.

È il riferimento al cosiddetto principio del “Buy European”, che emerge dalla proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea sullo strumento che punta a erogare fino a 150 miliardi di prestiti per sostenere gli appalti comuni nella Difesa nell’Ue.

Data la natura temporanea dello schema di finanziamento dello strumento Safe, si legge nel testo proposto a Bruxelles, le richieste per l’ultima rata dei prestiti saranno limitate al 31 dicembre 2030.

Lo strumento è concepito per “consentire investimenti pubblici urgenti e importanti nell’industria europea della difesa”, come una “risposta eccezionale e temporanea” per garantire assistenza finanziaria “messa a disposizione solo per far fronte alle conseguenze economiche negative del deterioramento della situazione della sicurezza e alle esigenze immediate di approvvigionamento degli Stati membri”.

Le attività, le spese e le misure ammissibili finanziate attraverso gli appalti comuni della difesa devono riguardare nello specifico gli ambiti della difesa aerea e missilistica, dei sistemi di artiglieria, comprese le capacità di attacco di precisione, di missili e munizioni, droni e sistemi anti-drone, strumenti strategici, anche in relazione alla protezione dello spazio e delle infrastrutture critiche, mobilità militare, cyber, intelligenza artificiale e guerra elettronica.

Per prodotti più complessi – che il regolamento classifica in una categoria specifica – che hanno a che fare con la difesa aerea e missilistica, i droni diversi da qualli di piccola dimensione e i sistemi anti-droni, gli strumenti per la protezione spaziale, l’intelligenza artificiale e la guerra elettronica, la Commissione europea propone una deroga al principio del “buy European”. Chiede che il fornitore che non ha sede nell’Ue, nel See o in Ucraina conceda la possibilità di decidere, senza restrizioni, “la definizione, l’adattamento e l’evoluzione del progetto del prodotto di difesa acquistato, compresa l’autorità legale di sostituire o smontare componenti che sono soggetti a restrizioni imposte da paesi terzi o da entità di paesi terzi”.

Oltre all’Ucraina e agli Stati Efta-See, lo strumento Safe dovrebbe prevedere la possibilità per i Paesi in via di adesione, i Paesi candidati e i potenziali candidati, nonché i Paesi terzi con cui l’Unione ha stipulato un partenariato per la sicurezza e la difesa (strumento non vincolante, Nbi), di partecipare agli appalti comuni finanziati con i prestiti del programma.

I Paesi con cui l’Unione ha stipulato un Nbi, ha riferito a Policy Europe un funzionario europeo, sono Norvegia, Moldavia, Corea del Sud, Giappone, Albania e Macedonia del Nord. Questi Paesi possono partecipare agli appalti comuni ma non ottenere i prestiti di Safe, ha detto ancora il funzionario. Nella lista di Paesi è compresa la Turchia in quanto Paese candidato, ma non gli Stati Uniti, ha precisato(Public Policy / Policy Europe) GMA