di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Quarta votazione, cresce ancora Sergio Mattarella che raggiunge quota 166 preferenze. Il presidente della Repubblica uscente resta ancora una possibilità da considerare, che garantirebbe la presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi e la prosecuzione dello status quo in relativa serenità almeno fino al 2023. C’è solo un problema: Mattarella va convinto e di solito è coerente con le proprie intenzioni. Dunque, se afferma una cosa poi la fa. Non è un mistero che parte del Pd e parte del M5s vorrebbero la conferma del presidente uscente. Ma se fosse invece solo un’indicazione del profilo del successore? “Non ci sono nostri grandi elettori che abbiano votato qualcosa di diverso dalla scheda bianca. Mattarella? I 166 voti ci sono, ma credo che siano una conta interna al Movimento 5 stelle e forse a qualcun altro”, dice in tv Ettore Rosato (Italia viva). “Rispetto per le grandi personalità in campo. Di certo oggi in Parlamento emergono segnali chiari da non sottovalutare”, dice non a caso Carlo Sibilia, sottosegretario all’Interno e deputato del M5s.
E il centrodestra che cosa combina? Giorgia Meloni è contraria, Matteo Salvini sembra impegnato in una forsennata corsa al nome meno adatto. Ieri c’era Elisabetta Casellati, che però non avrebbe neanche i voti del centrodestra. Marcello Pera, Carlo Nordio, Letizia Moratti non sono neanche entrati in partita. L’opzione Sabino Cassese è durata lo spazio di una mezza serata, perché neanche la Lega lo voterebbe. Elisabetta Belloni, capo del Dis, piace trasversalmente ma ha anche trasversali impedimenti. Trionfa il potere di veto, insomma. L’aspetto interessante è che nessuno riesce a ragionare in termini di coalizione. Né il centrodestra, né il centrosinistra. Meloni stoppa i nomi di Salvini, il Pd cerca di arginare il caos del M5s. Non c’è unità e la compattezza manca anzitutto fra gli alleati. Sembra di essere al Palio di Siena, quando i cavalli sono fermi al canape e si aspetta la mossa. In questo caso, una mossa sbagliata del centrodestra, che si butta su un nome senza rete di protezione, potrebbe favorire il centrosinistra, che ha pur sempre la carta di Pier Ferdinando Casini da spendere e che potrebbe passare grazie alle divisioni degli avversari. Sarebbe una brutta figura anzitutto per Matteo Salvini, che da giorni cerca di intestarsi il ruolo di kingmaker.
@davidallegranti