I duelli Forza Italia-Lega e il collante Meloni

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – La maggioranza di Governo è in attesa di capire chi sarà il successore di Raffaele Fitto – fresco di nomina ed elezione a fianco di Ursula von der Leyen in Europa – al ministero per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr. Ma non è l’unica incertezza tra le forze politiche che reggono l’Esecutivo Meloni, dove la tensione è sovrabbondante. Sarà che siamo in periodo di legge di Bilancio, sicché ogni duello fra partiti acquista un certo valore. Restano però le distanze fra il partito di Matteo Salvini e il partito di Antonio Tajani che sono, dal giorno dopo le elezioni politiche, in lotta per la conquista del secondo posto del destra-centro. Per ora i rapporti di forza parlamentari premiano ovviamente la Lega. Ma Forza Italia cerca in ogni circostanza di mostrare le proprie differenze valoriali e politico-programmatiche. Dalla politica estera alla giustizia. Differenziarsi pur facendo parte di una maggioranza è un’arte, anche un po’ rischiosa come testimonia il caso Rai nel decreto fiscale. Ma è solo un episodio all’interno di una lunga serie di duelli che dureranno per tutto il 2025, che è nuovamente un anno elettorale molto importante per le Regioni. Vanno al voto infatti Campania, Toscana, Marche, Veneto, Valle D’Aosta e Puglia.

La vicenda Rai come detto non è un unicum, basti ricordare il duello fra Tajani e Giancarlo Giorgetti nel maggio di quest’anno su Superbonus e retroattività, che creò non poche frizioni all’interno della maggioranza di Governo. Un duello frutto di opposte esigenze; da una parte il principio di affidamento del cittadino verso lo Stato, rappresentato da Tajani; dall’altra parte però ci sono esigenze di stabilità di bilancio, rappresentate da Giorgetti. Sullo sfondo, neanche troppo nascoste, c’erano le elezioni europee e la competizione fra Forza Italia e Lega, vinta dal partito di Tajani. Da allora il partito fondato da Silvio Berlusconi cerca di riaffermare la propria posizione elettorale di numero 2 della coalizione.

Il problema è che i rapporti di forza del Parlamento sono naturalmente quelli delle elezioni politiche del 2022, quindi non si capisce a che titolo Salvini dovrebbe cedere sovranità agli alleati. Forza Italia casomai potrà avanzare qualche pretesa in futuro, ma non dappertutto. Difficile per esempio pensare che Tajani possa farcela a spuntarla in Veneto con la candidatura di Flavio Tosi, ex leghista di peso nonché ex sindaco di Verona e attuale europarlamentare di Forza Italia nonché coordinatore regionale forzista. Pare difficile in realtà anche per Salvini poter decidere in autonomia chi potrebbe essere il candidato senza consultare il presidente di Regione uscente, Luca Zaia, che è anche a capo di una lista civica molto popolare che porta il suo nome e che alle ultime elezioni ha preso il 44 per cento dei voti. Duelli simili sulla primogenitura della candidatura alle prossime elezioni regionali si vedono dappertutto. E di certo contribuiscono a non rasserenare il clima tra alleati.

L’unico elemento davvero stabilizzante della coalizione rimane Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio è il collante della coalizione, dell’alleanza, la garante del patto di Governo fra i partiti. L’unica che può tenere a bada gli animal spirits dell’Esecutivo, che non sono pochi. Se anche dentro Fratelli d’Italia tutto rimane com’è, nonostante gli inciampi – come il caso Gennaro Sangiuliano – è perché è la presidente del Consiglio a rinsaldare, costantemente, ogni giorno, i rapporti nel Governo.

Con l’avvicinarsi delle elezioni – di qualunque ordine e grado, fino naturalmente alle molto lontane elezioni politiche – sarà più difficile riuscire a tenere insieme le esigenze di tutti. C’è da dire però che già adesso Governo e presidente del Consiglio iniziano ad avvertire qualche segno di cedimento. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera, il Governo, rispetto a un mese fa, ha perso 3 punti nel consueto indice di apprezzamento “e si colloca al 42, il punto più basso dall’insediamento”. E lo stesso avviene per Meloni, “che evidenzia un indice di 43, anch’esso in calo di 3 punti e anch’esso il più basso dalla fine del 2022”. Ma forse anche questo è un effetto dell’attesa e delle decisioni attorno alla Manovra, sempre destinata a scontentare qualcuno. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)