ROMA (Public Policy) – “Verificare prioritariamente la fattibilità di accordi bilaterali, in coerenza con quanto stabilito all’articolo 4, paragrafo 4 della direttiva 2011/70/Euratom, con Stati membri o Paesi terzi per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi ai fini dello smaltimento dei rifiuti radioattivi di medio alta e alta attività italiani così da evitare l’immagazzinamento dei suddetti rifiuti, a titolo provvisorio di lunga durata, presso il Deposito nazionale“. È uno degli impegni contenuti in una bozza di risoluzione conclusiva dell’indagine conoscitiva in tema di rifiuti nucleari, depositata in commissione Industria del Senato dal presidente e relatore Gianni Girotto (M5s). Lo stesso impegno chiede quindi di “attivare gli istituti competenti (Ispra, Isin, Iss) per le analisi di rischio e le stime conseguenti relative al trasporto del materiale radioattivo di medio alta e alta attività“.
Nella premessa la bozza di risoluzione, dopo aver sottolineato i ritardi nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione (Cnapi), evidenzia come “il Deposito nazionale debba essere costituito da due parti, poste sul medesimo sito, all’interno di un cosiddetto parco tecnologico: un impianto per lo smaltimento dei rifiuti a bassa e media attività e un impianto per il deposito temporaneo di lungo periodo (50-100 anni) dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato non riprocessato. Per contro – si legge nella premessa – la guida tecnica dell’Ispra indica i criteri di localizzazione solo per il deposito di smaltimento dei rifiuti a bassa e media attività e non menziona in alcun modo l’altra parte del deposito nazionale, cioè l’impianto per l’alta attività”.
Inoltre, in premessa, si evidenzia “che l’attuale impianto regolatorio per la realizzazione del Deposito nazionale è quello configurato da un Governo che aveva deciso di costruire nuove centrali nucleari e che il referendum ha respinto: ha abrogato la parte centrale della norma sulla produzione di energia nucleare non potendo però modificare la parte che riguarda il deposito nazionale. Il deposito era stato pensato appunto per contenere molte più rifiuti di quelli che l’Italia oggi produce e per svolgere attività come quelle individuata nel cosiddetto parco tecnologico pensato allora come un centro di ricerca nucleare sul trattamento del combustibile e dei rifiuti radioattivi e altro che attualmente non avrebbe più ragione di essere sostenuto”.
“L’assenza di alcuni dettagli fondamentali, inoltre – continua la premessa – emerge in modo evidente dalla documentazione prodotta nel corso della Valutazione ambientale strategica per il programma nazionale. In particolare, nel parere di compatibilità ambientale sulla proposta di programma, al punto 26, si chiede di integrare l’analisi con la strategia del brown field, ossia la trasformazione degli attuali siti in depositi di sé stessi, rispetto alla realizzazione del Deposito nazionale”.
Un altro impegno – contenuta nella bozza di risoluzione e riguardante il Deposito nazionale – chiede al Governo di “sollecitare l’Isin a chiarire definitivamente nella Guida tecnica ‘Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività’, se tali criteri siano validi, oltre che per gli impianti di smaltimento della bassa e media attività, anche per l’area di immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti radioattivi ad alta attività.
Infine si chiede di “esprimere un indirizzo, in attuazione del Programma nazionale, che demandi chiaramente la costituzione del parco tecnologico previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 alla scelta delle competenti autorità elettive territoriali, assicurando benefici economici equivalenti a quelli previsti per la costituzione del parco tecnologico”.
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