Salvini si occupa di tutto, fuorché di treni e aerei

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – L’attivismo di Matteo Salvini con l’avvicinarsi delle elezioni politiche è destinato ad aumentare. Mancano ancora due anni, è vero, ma con l’arrivo di settembre la politica italiana entrerà in una nuova fase. Complice anche la prossima tornata di elezioni regionali in cui i leader di maggioranza e opposizione si giocheranno un pezzo del proprio personale consenso. Salvini ha intanto già perso la sfida del terzo mandato, sul quale la Lega aveva insistito molto, e in Veneto Luca Zaia non potrà correre di nuovo. Il che significa che la Lega potrebbe dover rinunciare a presentare un proprio candidato in una Regione strategica (anche per il Pil italiano) a vantaggio magari di Fratelli d’Italia. Molto dipenderà naturalmente anche da che cosa vorrà fare Zaia, la cui lista civica alle ultime Regionali superò il 44%.

Il leader della Lega tuttavia è in piena trance agonistica. Commenta con entusiasmo qualsiasi sortita di Donald Trump, anche la più oscurantista.  Se l’Unione europea vota il piano di riarmo dice, come un Giuseppe Conte qualsiasi, di essere contro il furore bellicista e per la pace (anche se si tratta soltanto di potersi difendere dall’amico di Salvini, Vladimir Putin). Dice che il decreto Sicurezza è soltanto “un punto di partenza”, non d’arrivo, poco prima che la Cassazione – attraverso l’ufficio del Massimario e del Ruolo – rilevi criticità di “metodo” e di “merito”. Nella relazione del Massimario è stato ricordato che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza”; a questo si aggiunge “l’estrema disomogeneità dei contenuti” del testo. Quanto alle disposizioni che “determinano il trattamento sanzionatorio”, destinate a incidere sulla libertà personale, “devono ritenersi suscettibili di controllo” da parte della Corte per “gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità, dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di ‘una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto’”.

Ma Salvini è già oltre. Pur avendo incassato politicamente poco fin qui inventa modi nuovi per provare a incrementare il consenso. Magari nei confronti delle forze dell’ordine. Nei giorni scorsi ha affermato di voler cambiare il reato di tortura, che dalle nostre parti è relativamente recente, esiste dal 2017 e dà la possibilità di denunciare quello che nelle carceri italiane accade da 30 anni. “Rivedere, circoscrivere e precisare questo cosiddetto reato di tortura per permettere agli agenti di fare serenamente il loro lavoro secondo me è assolutamente da fare. E chi se non la Lega lo può fare?”. Ha detto, Salvini, che bisogna “rivedere” il reato perché non si può “finire sui giornali come torturatori, finire senza stipendio… per poi vedere finire il fascicolo nel nulla, perché si trattava dell’ennesima boutade del ricattatore di professione”.

Sarebbe interessante conoscere quali sono le statistiche salviniane. Perché, a occhio, le inchieste per tortura a carico degli agenti di polizia penitenziaria sono ancora in corso, un po’ dappertutto. In alcuni casi è già ampiamente iniziato il processo, come nel carcere di Ranza, a San Gimignano, dove gli agenti sono stati condannati anche in appello. A Cuneo, a due anni dal più grave tra i presunti episodi di tortura nel carcere di Cerialdo, si è appena aperta l’udienza preliminare per 14 indagati (tra questi sei agenti di polizia penitenziaria accusati di tortura). L’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio, sul quale il gup si pronuncerà il prossimo 4 luglio. Presunte torture ci sono state a Sollicciano, tra i peggiori carceri d’Italia.

Antigone nel suo ultimo rapporto, diffuso quest’anno, ha pubblicato l’analisi di un anno di indagini e processi, il 2024 e il quadro che emerge è sufficientemente desolante. “Dal processo celebrato a Viterbo per la morte di Sharaf Hassan a quello di Torino a carico del Direttore per omessa denuncia sino ai processi celebrati a Reggio Emilia e a Firenze per tortura a danno di un detenuto. Nel corso dell’ultimo anno, si sono parzialmente definiti quattro processi che Antigone ha seguito sin dalle prime fasi: sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Viterbo in data 27.03.2024 (è attualmente pendente appello), sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino in data 14.11.2024 (è attualmente pendente il procedimento innanzi alla Suprema Corte di Cassazione), sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Reggio Emilia in data 17.02.2025 (è stato depositato appello da parte della Procura) e, infine, sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze in data 03.04.2025 (sono stati presi giorni 90 per il deposito delle motivazioni)”.

Ma tutto questo non sembra essere di grande interesse per il ministro dei Trasporti che si occupa di tutto  – giustizia, sicurezza – fuorché di treni e aerei. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)