Twist d’Aula

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – La madre di tutte le battaglie lo è sicuramente per le parti politiche coinvolte. Non è detto che lo sia per gli italiani, chiamati con il referendum ad esprimersi in una decisione fondamentale, ma che certo non implica la fine della democrazia se vince il e il crollo del sistema-paese se vince il No. Intanto, però, la campagna elettorale più lunga della storia repubblicana, dopo mesi di personalizzazione/spersonalizzazione, è arrivata nella fase finale con altri due, estenuanti, mesi di battaglia politica e mediatica.

In cui tutto sarà bloccato. In Parlamento provvedimenti “pesanti” quali il ddl Concorrenza e il ddl Lavoro autonomo, infatti, sono stati congelati. Con conseguenze immediate per esempio sui lavoratori Almaviva, come documentato da Public Policy. E per molti altri professionisti ed autonomi, che da tempo aspettano inutilmente una minima regolamentazione della loro professione.

l disegno di legge sull’Eutanasia, da sempre fumo negli occhi dei cattolici, è bloccato nella commssioni della Camera sine die, perché, effettivamente, una sua approvazione, potrebbe indurre qualche cattolico ad unirsi alla schiera degli antirenziani. Sul ddl Penale, poi, oggetto di scontro interno alla maggioranza, è mancato tre volte il numero legale la settimana passata (mercoledì mattina è saltata la seduta dell’aula di Palazzo Madama) e dieci volte nell’attuale. Ora arriva la sessione di bilancio e, ovviamente, i tempi si ristringono. E’ sufficiente, allora, qualche tattica parlamentare per far saltare gli spazi necessari e rimandare tutto, guarda caso, a dopo il referendum e forse al 2017.

La stessa manovra economica ha spostato molte delle decisioni più importanti, come il taglio dell’Irpef o il pareggio strutturale, agli anni futuri. E se sulle previsioni del governo per il 2017 (+0,6% a bocce ferme e +1% per effetto della manovra) l’Ufficio parlamentare di bilancio evidenzia “fattori di rischio”, per gli anni successivi il giudizio è proprio di stime sballate per eccesso di ottimismo (di 0,5% per il 2018 e 0,2% per il 2019).

Per non parlare dell’intricata vicenda Mps. Non tanto per la presunta influenza di Jp Morgan sul governo italiano, quanto per la dichiarata volontà di posticipare il terzo difficile aumento di capitale da 5 miliardi al 5 dicembre, guarda caso il dayafter del referendum.

Ma è sufficiente domandare presso qualunque commissione parlamentare o qualunque ministero quale sia lo stato di avanzamento di un qualunque progetto di legge o decreto. Se rientra all’interno della strategia referendaria, va velocissimo. Altrimenti è fermo. “Capisce dottore, per adesso è così…”. Difficile dire quale sarà il risultato del referendum. Certo è che i risultati della stessa attesa dell’appuntamento sono visibili e nefasti. Speriamo quest’autunno passi in fretta. (Public Policy)

@GingerRosh