Twist d’Aula – L’autunno di Meloni, tra Draghi e Salvini

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Vincere non è governare e, fatta la maggioranza, il centrodestra è obbligato a trovare in fretta gli equilibri interni perché sul tavolo ci sono le questioni prioritarie della guerra e dell’economia. Proprio su queste, già prima del voto, Salvini litigava con Meloni. Ma se sull’Ucraina il leader del Carroccio era obbligato a dissimulare la sua attrazione per Mosca, sullo scostamento di bilancio ha picchiato ogni giorno, martellante: “Servono 30 miliardi di scostamento per i costi energetici”. Il punto è che, proprio sulle bollette, di miliardi il Governo Draghi ne ha stanziati 66 in pochi mesi, cioè più del doppio di quanto chiede il segretario della Lega. Senza scostamento.

Più che la storia della cicala spendacciona e della formica laboriosa qui torna forse utile l’ambiguo concetto giuridico della “diligenza del padre di famiglia”. La gestione oculata di un bilancio (figuriamoci quello dello Stato) prevede di riservarsi spazi di manovra per eventuali emergenze. È da quando è arrivato a Chigi che Draghi ha scelto questa linea, tanto che 18 mesi dopo sbucano “tesoretti” in ogni dove. Il trucco è stato tagliare le previsioni di crescita futura, perché quello è il termine di paragone su cui si calcola l’impatto di debito pubblico e deficit. Questo abbassare le aspettative ha sterilizzato gli assalti alla diligenza e, soprattutto, ha lasciato spazi a “maggiori entrate”.

Per esempio anche nell’ultimo Def – di cui la Nadef che arriva in settimana è la diretta discendente – alcuni numeri sono stati tenuti volutamente bassi. Il Pil reale per il 2022 era dato al 2,9%, mentre potremmo arrivare a +3,4%. Soprattutto, il Pil nominale era stimato al 6%, mentre con l’attuale livello di inflazione potremmo attestarci intorno al 12%. Il doppio, il che vuol dire che i rapporti con le altre cifre (il debito innanzitutto) cambiano sostanzialmente. Regalandoci qualche vantaggio. Lo stesso vale per l’effetto, intenzionalmente sottostimato, dell’aumento dei prezzi sullo stock di debito. O sull’impatto del Pnrr sulla crescita futura, dato quasi per inesistente. O sulle maggiori entrate fiscali (+11,7% quest’anno).

Così, mentre scoppiava la guerra e i prezzi del gas schizzavano alle stelle, ci si interrogava come si sarebbe potuta tamponare l’emergenza. E alla fine, nelle pieghe del bilancio, sono arrivati una serie di bonus per un totale di 66 miliardi. L’equivalente di due o tre finanziarie. Ora però siamo ad un giro di boa: cambio di Parlamento, cambio di maggioranza, cambio di Governo. Con i tempi che stringono. A novembre scadono i crediti d’imposta per imprese energivore e pmi, bisogna rinnovare il taglio delle accise, poi è il turno di tutti gli altri bonus (carburanti, trasporto pubblico, sport, terzo settore). Senza contare, ovviamente, la legge di Bilancio.

Con la scusa dei tempi tecnici – bisogna presentare la manovra a Bruxelles il 16 ottobre, ed è impossibile che il nuovo esecutivo sia nato – Crosetto ha invitato l’attuale Governo ad una collaborazione nella stesura. Ora, a parte che siamo sempre arrivati tardi su questa scadenza, l’ipotesi è stata congelata da Palazzo Chigi (“ci limiteremo a una fotografia dell’esistente”) e da Bruxelles (“in altre occasioni si è rinviato l’esame di 45 giorni”). Per cui sarà responsabilità del nuovo Governo decidere cosa fare. Proseguire sulla linea tracciata da Draghi e che, probabilmente, verrà ribadita nella Nadef? Oppure aprire e nuovi e ulteriori scostamenti, come invoca Salvini?

Lo sapremo presto. D’altra parte abbiamo il record assoluto di debito pubblico (2.770 miliardi), interessi dei titoli sopra al 4%, inflazione al 7%, prezzo del gas che continua a crescere, 73 tavoli aziendali di crisi aperte, agenzie di rating che prevedono recessione (S&P -0,1%, Ficht -0,7%). La manovra sarà il battesimo del fuoco del nuovo Governo, visto che per confermare alcune delle misure esistenti servono circa 40 miliardi. Che non sono facili da trovare. Meloni è cosciente che mercati, creditori e i partner internazionali hanno acceso i riflettori sull’Italia e in particolare su di lei. Perché tutti vogliono capire quale sarà la strada. A Natale manca davvero poco. (Public Policy)

@m_pitta

(foto Daniela Sala / Public Policy)